«Per molti di noi è stato come tornare ai tempi del liceo. Abbiamo occupato la nostra redazione, lavorato, dormito e mangiato per giorni lì perché volevamo impedire quanto stava accadendo. E ci siamo riusciti». Fiduciaria di redazione del Messaggero di Sant’Antonio, Giulia Cananzi lavora da 25 anni per il mensile pubblicato dai frati francescani a Padova.

Malgrado si tratti di una delle pubblicazioni più diffuse del nostro paese, «che supera ancora le 270mila copie, anche se un tempo erano addirittura 800mila», racconta Cananzi, lo scorso dicembre l’editore ha comunicato agli otto giornalisti che realizzano anche il Messaggero dei ragazzi la decisione di chiudere la redazione.

«Per una testata come questa che ha sempre cercato di dare voce agli ultimi, che non dà spazio solo alla devozione, ma anche a temi quali la povertà e l’immigrazione, ci sembrava fosse una scelta impossibile», ricorda Cananzi. Per questo la decisione di ricorrere ad un’azione inconsueta, perlomeno nelle redazioni giornalistiche. «Abbiamo occupato la redazione dicendo “questa è casa nostra”» – ricorda la rappresentante della redazione, che sottolinea come «questo per molti di noi non rappresenta solo un lavoro, ma muove anche dalla condivisione di certi valori».

La determinazione della redazione, e del sindacato, ha infine premiato e i giornalisti del Messaggero di Sant’Antonio sono ora in solidarietà – fino a dicembre – e malgrado sappiano che i problemi sono ancora all’orizzonte, guardano al proprio futuro in modo diverso. «Durante l’occupazione della redazione la città si è stretta intorno a noi, ci ha mostrato il suo affetto e ci ha fatto capire che il nostro modo di fare giornalismo ha senso e deve andare avanti».