Un annuncio storico, o meglio una storica dichiarazione d’intenti. Il leader curdo, Abdullah Ocalan, presidente del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha lanciato ai militanti il seguente appello: «Chiedo al Pkk di tenere un congresso straordinario in primavera per prendere una decisione strategica e storica verso il disarmo». Secondo Ocalan, il conflitto che dura da trent’anni potrebbe avviarsi «verso una pace definitiva, il primo obiettivo è perciò quello di arrivare a una soluzione democratica». Il leader curdo è in carcere dal 1999 sull’isola d’Imrali (nel nord-ovest della Turchia), dove sconta una condanna all’ergastolo. Le sue parole non sono perciò arrivate direttamente, ma attraverso Sirri Sureyya Onder, deputato della formazione pro-curda Partito democratico popolare (Hdp). Per la prima volta, però, l’appello è stato letto in diretta tv e in presenza di rappresentanti del governo turco.

A novembre del 2014, Ocalan ha parlato della possibilità di un accordo tra Ankara e Pkk raggiungibile entro 4-5 mesi. Il 23 febbraio, una delegazione dell’Hdp si è recata sui monti Kandil, in Iraq, per incontrare i guerriglieri del Pkk nelle loro basi. E venerdì, ha portato il messaggio al leader detenuto. Il Pkk combatte contro il governo turco dal 1984. Un conflitto che ha provocato circa 40.000 morti. Dal marzo del 2013, a seguito della ripresa di trattative segrete tra i rappresentanti di Ankara e il leader prigioniero, Ocalan ha dichiarato un cessate il fuoco che ha portato alla parziale smobilitazione di alcuni reparti di guerriglia. I curdi hanno rispettato i patti, ma non hanno ottenuto risultati neanche su obiettivi minimi, primi passi verso l’autonomia amministrativa a cui aspirano.

Le popolazioni curde hanno perciò alzato la voce contro Ankara a settembre del 2013. All’inizio di ottobre, violente rivolte sono scoppiate in Turchia e hanno provocato oltre trenta morti. La tensione fra il governo islamista-conservatore di Erdogan e la resistenza curda è andata poi aumentando per la posizione della Turchia nella vicenda siriana e dopo l’attacco del Califfato. I guerriglieri del Pkk sono andati in soccorso dei curdi siriani assediati nella città frontaliera di Kobane. Hanno denunciato la complicità di Ankara nei confronti dell’islamismo radicale e l’assenza di corridoi umanitari per i curdi. Non hanno però mai chiuso la porta alla trattativa, e ora che Kobane è di nuovo sotto controllo curdo, il piano di pace sembra riavviato.

Nonostante il Pkk continui a essere considerato organizzazione «terrorista», la resistenza curda all’Isis ha portato in primo piano il modello di autonomia regionale del Rojava: che non vuole metterein discussione l’autorità centrale, ma fa comunque paura ad Ankara. Ora si tratta di vedere se seguiranno passi concreti o se il governo turco s’impegnerà in un’altra estenuante melina in attesa delle elezioni politiche del giugno prossimo e cercherà di intrappolare i curdi senza pagare il dazio. Pronunciando la sua storica dichiarazione d’intenti, il deputato Onder ha elencato i punti che Ocalan ha messo sul tavolo delle trattative: 10 articoli che riguardano la discussione sul contenuto delle politiche democratiche, le garanzie legali per la cittadinanza e in particolare «per le donne, la cultura, l’ecologia», e soprattutto una nuova costituzione che trasformi in legge tutti i passaggi. Intanto, sono state consegnate le firme raccolte per la liberazione di Ocalan: oltre 10 milioni.