Obiezione di coscienza per il personale sanitario e ausiliario, con il solo vincolo per la Regione – non per la struttura – di dover assicurare la disponibilità di medici e infermieri non obiettori, e limiti sulla gravità del paziente che intende mettere fine alle proprie irreversibili sofferenze. Sono i punti più combattuti, quelli sui quali la mediazione di fa più delicata nelle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera dove è in discussione la legge sul suicidio assistito, a rischio di finire come il ddl Zan.

Ieri, i relatori Alfredo Bazoli (Pd), della commissione Giustizia, e Nicola Provenza (M5S) della Affari sociali, hanno continuato ad esprimere pareri sui 380 emendamenti – di cui un centinaio sono stati accantonati – che via via vengono votati. Correzioni al testo base che è stato depositato a maggio e che, partendo dalla proposta di legge di iniziativa popolare, è già frutto di una mediazione tra le diverse posizioni. Eppure, l’accordo all’interno della maggioranza ancora non c’è, con la Lega e Fd’I che remano contro, insieme ad una parte di Forza Italia, tanto che sia i berlusconiani che i salviniani lo scorso luglio hanno votato contro l’adozione del testo base. Se si eviterà un ostruzionismo eccessivo, come quello messo in campo finora, il parere dei relatori sugli emendamenti accantonati dovrebbe concludersi a breve, anche se l’obiettivo di portare lunedì 29 novembre il testo in Aula è già fallito.

I tempi sono stretti: li ha fissati la Corte costituzionale fin dal 25 settembre 2019 quando, con la sentenza sull’aiuto fornito da Marco Cappato (Associazione Luca Coscioni) a dj Fabo, il 43enne cieco e tetraplegico accompagnato in una clinica svizzera dove ha ottenuto il suicidio assistito, ha intimato al legislatore di riformare l’attuale codice penale stabilendo l’incostituzionalità delle norme che puniscono chi agevola nel proprio proposito l’aspirante suicida. A condizione che il paziente, «pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli», sia sottoposto a «trattamenti di sostegno vitale» e «affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili». Nelle commissioni si discute dunque se nel testo di legge vada considerata la sola «patologia irreversibile» o anche la «patologia infausta» o ancora vadano contemplate le «condizioni cliniche irreversibili». Condizioni che, secondo la Consulta, in attesa di una legge, vanno verificate da una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.

«La delicatezza del momento è riuscire a trovare un accordo con tutti, pur rimanendo nel perimetro del dettato della Consulta», spiega il relatore Bazoli. Per intanto, i punti saldi del testo base prevedono che il paziente – maggiorenne – debba esplicitare le sue libere volontà, debba essere capace di intendere e volere, e debba essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale (anche i farmaci lo sono, secondo la Consulta). Il suicidio assistito può avvenire anche a casa e non c’è alcuna responsabilità per il medico che assiste.

Ma mentre nelle commissioni si procede a rilento, a breve sarà il turno della Corte di Cassazione prima, e poi della Consulta, chiamate a pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum che legalizza non solo il suicidio assistito ma anche l’eutanasia e che ha raccolto 1,3 milioni di firme, di cui 800 mila sui banchetti.