La giustizia di Kiev ha rinviato il processo a Ruslan Kotsaba previsto per oggi mentre il suo avvocato ha deciso di presentare una petizione perché venga sospeso. Se non venisse accolta, Ruslan dovrà presentarsi benché abbia chiesto una sessione online poiché quelle in presenza sono a rischio di interventi violenti da parte di chi considera la gente come lui una macchia per la Patria.
Ruslan, un giornalista ucraino pacifista e obiettore di coscienza, ha 49 anni e ne rischia 15 anni di galera perché la giustizia ucraina lo accusa di «alto tradimento» per alcune dichiarazioni contrarie alla leva militare durante la «guerra civile fratricida del Donbass». Il suo è diventato un caso simbolo entrato a far parte del dibattito che riguarda il diritto a essere obiettori di coscienza e dunque alla scelta di non voler entrare nella logica della guerra. È una posizione scomoda. E lo è due volte se si è ucraini.

TUTTI SEMBRANO DISPOSTI a voler garantire che l’Europa – e dunque anche l’Italia – riconoscano ai soldati russi che disertano e chiedano asilo la protezione internazionale. Ma se si è ucraini? Se si combatte cioè dalla “parte giusta” della guerra? Qui il terreno si fa minato.
La posizione di Ruslan è sostenuta da un appello per la difesa dei diritti dei pacifisti e degli obiettori lanciato da International Fellowship of Reconciliation, War Resisters’ International, Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza , Connection e.V. (Germania) e dal Movimento Nonviolento (Italia) che hanno formulato una proposta di risoluzione che chiede al Parlamento Europeo e all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa di garantire che i militari che hanno evitato o disertato il servizio militare (disertori, obiettori o evasori) ottengano asilo in Europa. Ucraini, russi e bielorussi.

IN SOSTANZA si tratta di riconoscere il diritto all’obiezione per tutti, senza distinzione alcuna.
Se russi e ucraini sono direttamente coinvolti, anche i bielorussi corrono questo rischio visto che l’organizzazione bielorussa con sede in Lituania Nash Dom ha dichiarato all’inizio di marzo che in Bielorussia tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 58 anni dovevano presentarsi alle autorità in vista di un possibile programma di chiamata per 35.000-40.000 uomini.

Il rifiuto del servizio militare – spiega Connection e.V. – è punito con la prigione o un ammenda ma in caso di diserzione la pena è molto più grave e sarebbero almeno 3mila i coscritti fuggiti in Lituania.
In Russia, benché la Costituzione della Federazione riconosca il diritto al rifiuto del servizio militare, le domande di servizio alternativo (18 mesi) vengono spesso rifiutate. Scappare o disertare la leva o il servizio militare è perseguito penalmente. La diserzione è punita con la reclusione fino a sette anni, e fino a dieci anni in caso di conflitto armato o in caso di diserzione collettiva.

ANCHE L’UCRAINA RICONOSCE l’obiezione ma, come in Bielorussia, solo per motivi religiosi. Nel solo 2020, sono stati registrati oltre 3.300 procedimenti penali contro obiettori di coscienza. La diserzione e l’evasione alla leva o al servizio militare sono punibili con la reclusione fino a tre anni e nel 2015 il parlamento ucraino ha approvato una legge che specifica che «in una situazione di combattimento, il comandante può utilizzare un’arma o dare ordine ai subordinati se non c’è altro modo per porre fine alla violazione». In una parola, uccidete chi diserta.