La comunicazione della Commissione europea per la cooperazione con i Paesi terzi è poco convincente e poco innovativa. Non crediamo possa raggiungere l’obiettivo di gestire meglio né la crisi dei rifugiati né i flussi di migranti verso il nostro continente. Rispetto a precedenti documenti ci sembrano pochi i punti qualificanti. Sicuramente positivo il fatto che si sia depennata la paventata collaborazione con Paesi quali Sudan ed Eritrea, governati da feroci regimi.

È importante ricordare che contro la negoziazione e collaborazione con queste dittature si è levata una grande opposizione della società civile europea. Crediamo che questo movimento abbia contribuito a introdurre un cambiamento importante.
Altro aspetto positivo è che per la prima volta in questo documento la Commissione Ue, anche a differenza del migration compact presentato dall’Italia, include politiche di cooperazione con importanti Paesi di primo rifugio come il Libano e la Giordania, dove attualmente sono ospitati milioni di siriani. Siamo convinti che sia necessario investire nei Paesi di primo asilo, ma con un’ottica ben precisa. L’investimento deve essere fatto non per tenere i rifugiati lontani dall’Europa ma per offrire loro una opzione e una reale protezione anche in questi Paesi. Permettere loro di rimanere vicini alle loro case, qualora questo sia il loro desiderio, in piena sicurezza e con possibilità di integrazione.
Purtroppo poi il documento delinea una serie di politiche che ci preoccupano. In tutto il documento si respira fortemente la questione del ritorno. È un tema presente praticamente in ogni pagina, quasi ossessivamente.
Il vero obiettivo sotteso a tutta la comunicazione è quello di disincentivare l’arrivo delle persone in Europa. Esattamente come per l’accordo Ue-Turchia che viene menzionato come modello positivo cui ispirarsi e che come unico effetto ha avuto la deterrenza. La comunicazione cita come positiva anche la politica nel Mediterraneo occidentale, caratterizzata dagli accordi che la Spagna ha siglato con il Marocco, il Senegal e la Mauritania. Accordi che sicuramente hanno avuto l’effetto di diminuire drasticamente gli arrivi in Spagna, ma che sono anche la causa principale dell’enorme incremento negli ultimi anni degli arrivi in Libia e in Sicilia. Questo è un esempio di scuola: chiudendo un rubinetto i flussi delle migrazione non si interrompono, cambiano solo rotta. Non possiamo non ricordare, poi, le violazioni dei diritti fondamentali dei migranti da parte delle forze di polizia su quella rotta. Sono comuni i casi di maltrattamenti e violenze. Ci sono prove di migranti uccisi dalle forze di polizia marocchine. Sparare in mare non crediamo sia un modello da esportare.
Per quanto riguarda l’accesso legale, che potrebbe essere l’unico reale strumento per cercare di ridurre le morti in mare e dare a migranti e rifugiati alternative concrete ai viaggi della morte, il focus è incentrato sui migranti economici, con una particolare enfasi sui lavoratori qualificati e la blue card. Politica che si accosta a quello che sembra davvero essere un contentino per quei Paesi che aderiranno agli Accordi di Riammissione propedeutici al ritorno forzato: piccole quote dei loro cittadini saranno ammessi a lavorare in Europa.
Sugli accessi legali invece per i rifugiati il documento è ancora una volta molto generico. L’unica via legale lasciata alle persone in bisogno di protezione per entrare in Europa è il reinsediamento. Uno strumento importante ma che prevede procedure lunghe e difficoltose. Da luglio 2015, poco più di 6mila persone sono arrivate in Europa grazie a questo meccanismo. Una misura positiva quindi, ma con limiti evidenti. Molta incertezza veleggia ancora sulla Libia, mentre le misure, almeno economiche, previste in Paesi strategici per l’Italia, come la Tunisia, sono gravemente insufficiente.
Se queste sono le fondamenta per la strategia futura dell’Unione europea in materia di immigrazione e rapporti con i Paesi terzi, siamo fortemente preoccupati per quelli che saranno gli esiti della sua costruzione.

* Portavoce del Consiglio Italiano per i Rifugiati.