Le dimissioni di Kathleen Sebelius, il ministro dell sanità di Obama, sono giunte una settimana dopo la dichiarazione di «vittoria» del presidente, che aveva indetto una conferenza stampa alla presenza del suo staff per annunciare l’iscrizione 7 milioni di americani alle «liste di assicurazione» previste dalla riforma sanitaria destinata in gran parte a definire la sua presidenza, nel bene e nel male.

La cosiddetta Obamacare prevede l’obbligo di ottenere una polizza sanitaria, eventualmente in parte sovvenzionata, acquistabile mediante il sito internet del governo, annunciato mesi fa con grande fanfara e puntualmente rivelatosi catastroficamente inefficiente. La Sebelius che ne era stata responsabile questa settimana ne ha pagato il prezzo (e sarà sostituita da Sylvia Mathews Burwell, attuale direttore dell’Ufficio gestione e bilancio).

In un mercato previdenziale privato, la maggior parte degli americani ha sempre ottenuto l’assicurazione medica tramite il proprio impiego – sempre quando i datori di lavoro l’abbiano offerta, dato che fin’ora non è stato obbligatorio. L’unica alternativa è stato l’acquisto di costose polizze private, ragion per cui nella prima economia mondiale 40 milioni di cittadini rimanevano interamente sprovvisto di previdenza. L’Obamacare, contrastata dall’opposizione repubblicana, è stato il tentativo rimediare un sistema di sanità «pubblica» giunto allo stremo. Il modello ha prodotto un mercato gestito da aziende sanitarie private e ospedali-aziende commerciali, in collusion con un virtuale monopolio su un bene di cui i «clienti» non possono fare a meno. È abbastanza facile, per chiunque abbia mai avuto a che fare, con una società di assicurazioni, immaginare come la situazione sia rapidamente degenerata.

I cittadini obbligati a procacciarsi una polizza sul libero mercato della salute si trovano ad affrontare costi impressionanti con premi di assicurazione per una famiglia media che possono facilmente superare i 1000 dollari mensili (più esose franchigie). La sanità che deve produrre profitti per un ipertrofico settore corporativo, incide sui bilanci famigliari spesso più degli alimenti, dell’affitto o del mutuo.

Lo stato attuale ha prodotto una ampia casistica di aberrazioni su pazienti respinti dai pronti soccorso perché non in possesso di carta di credito o case pignorate per impossibilità di pagare conti di decine di migliaia di dollari per piccoli interventi. Negli ospedali è pratica corrente che i ricoverati, prima ancora che dal personale medico vengano visitati dai funzionari dell’ufficio finanza addetti a verificare la liquidità dei pazienti prima di autorizzarne le cure.

È lo scempio cui la riforma Obama ha tentato di porre rimedio, non già con l’introduzione di una sanità pubblica ma con una regulation che mira a calmierare il mercato, introducendo l’obbligo di acquistare una polizza per ampliare la base dei contribuenti sani. A fronte dell’allargamento del bacino degli cittadini/clienti, il piano Obama vieta agli assicuratori di discriminare per condizioni «pre-esistenti» come hanno fatto finora o persistere in pratiche diffuse come quella di scaricare gli assicurati appena questi si ammalano davvero.
Un compendio di abusi che non ha impedito all’opposizione ultraliberista di assalire la riforma come un «golpe socialista».

La camera controllata dai repubblicani ha da poco registrato la cinquantesima votazione per abrogare la nuova legge. Il gesto è puramente simbolico poiché in senato sono in minoranza ma da la misura di come i repubblicani abbiano scelto di fare della lotta ad obamacare la principale strategia elettorale per le elezioni midterm di novembre dipingendola come una nuova tassa. Politicamente i democratici hanno disperatamente bisogno che la legge funzioni e perché sia cosí è essenziale una larga partecipazione. In quanto ad un effettivo miglioramento della sanità pubblica, questo è meno scontato. Anche se la riforma si ripropone di contenere i soprusi più clamorosi del libero mercato, non rimedia infatti alla fondamentale fallacia del sistema: Il ruolo prevalente delle aziende il cui unico interesse nella salute pubblica è ottimizzare il profitto.