«Mani alzate, non sparate», «basta con la brutalità della polizia», «anche la vita dei neri è importante», «siamo il 99%», «non c’è pace senza giustizia». I cartelli e gli slogan sono gli stessi di Ferguson, ma la dimostrazione si tiene parecchi stati e qualche migliaio di chilometri più a nord. Anche l’afroamericano morto ingiustamente è un altro, si chiama Eric Garner. È in suo nome che ieri mattina alcune migliaia di persone si sono riunite per marciare in un quartiere di Staten Island. In testa alla marcia di protesta era il reverendo attivista Al Sharpton, rientrato a casa dopo una settimana trascorsa al fianco dei manifestanti di Ferguson.

Con lui la famiglia di Garner, che aveva anche un figlio. Voci di prima mattina ipotizzavano anche la presenza dei genitori di Michael Brown, forse arrivati dal Missouri. In questa città a stragrande maggioranza democratica, governata da un sindaco eletto anche grazie alla promessa di riformare il dipartimento di polizia, era prevista inoltre la presenza di circa 500 agenti. Ma, avevano anticipato i portavoce del NYPD, sarebbero stati sostanzialmente invisibili, una presenza di “monitoraggio”, molti di loro non in divisa, e affiancati da assistenti sociali del quartiere. Intanto, secondo il New York Times, il presidente Obama ha ordinato di rivedere la decennale strategia governativa di armare le polizie locali con equipaggiamenti in stile militare. In settembre, il Senato inizierà con un’audizione ad affrontare il problema per poi lasciare la decisione finale alla Casa bianca.

Eric Garner aveva 43 anni quando, il 17 luglio scorso, dopo una lite e un breve colluttazione con almeno quattro agenti in borghese, è mancato sul marciapiede di fronte a un piccolo parco dell’isola nella baia di New York. «Non riesco a respirare, non riesco a respirare», gemeva Garner – che era asmatico – mentre gli agenti cercavano di immobilizzarlo facendolo accasciare per terra. Uno di loro aveva il braccio stretto saldamente intorno al suo collo. Come si vede nelle immagini della scena catturate dai telefonini dei passanti, da quel marciapiede Eric Garner non si è più alzato, stroncato probabilmente da un attacco di cuore istigato dalla chokehold, una presa di sottomissione che è essenzialmente uno strangolamento, e che è bandita all’interno del polizia di New York.

Conosciuto degli agenti del quartiere perché ogni tanto vendeva illegalmente sigarette e piccole dosi di marijuana, quel giorno Garner aveva rifiutato di andarsene, come gli era invece stato intimato dai poliziotti. «Non sto facendo niente, non me ne vado. Non ho venduto niente. Sono stufo lasciatemi in pace», lo si sente urlare pieno di rabbia prima che gli agenti gli si stringano intorno. Anche lui, come Michael Brown, era alto e di corporatura pesante. «La polizia se le prende di nuovo con l’uomo sbagliato. È una follia», dice sarcastica una voce fuori campo in uno dei video che hanno ripreso la scena. Garner è già a terra e non dà più segni di vita.

Avvenuto durante le vacanze italiane del sindaco di New York Bill de Blasio, l’incidente aveva scatenato un’immediata reazione di protesta e accuse di discriminazione razziale. Aveva anche riportato in prima pagina il risentimento dell’opinione pubblica nei confronti della politica delle broken windows, un cardine del funzionamento della polizia locale secondo cui perseguire con estrema aggressività piccole infrazione (come per esempio quella di rompere il vetro di una finestra) è un modo per tenere “sotto controllo” quartieri ritenuti difficili e un efficace deterrente di crimini più gravi. Statisticamente, come la pratica dello stop and frisk (e cioè dei fermi e delle perquisizioni aggressivi, cari ai sindaci Bloomberg e Giuliani, che invece de Blasio ha soppresso) quella delle broken windows penalizza i poveri e le minoranze.

A New York non esiste la sfiducia nei confronti delle istituzioni che esiste a Ferguson. E il dipartimento, il NYPD, non ha reagito alla morte di Eric Garner con l’arroganza e l’ostruzionismo di quello della contea di St. Louis. Daniel Pantaleo, il poliziotto di Staten Island che ha effettuato il chokehold è stato messo immediatamente sotto inchiesta,

distintivo e pistola revocati fino a che l’ufficio del procuratore di New York non avrà deciso se incriminarlo o meno. Uno dei suoi colleghi, Justin Damico, è stato trasferito dal pattugliamento delle strade dietro una scrivania. Quella risposta pronta delle autorità, insieme probabilmente alla volontà di non mettere troppo in difficoltà il sindaco, hanno fatto sì che dopo i primi giorni di rabbia, le reazioni alla morte di Eric Garner rientrassero sostanzialmemte in sordina.

Anche le manifestazione di ieri (che inizialmente prevedeva un molto più plateale attraversamento del Verrazzano Bridge, il ponte che collega Brooklyn a Staten Island) era contenuta. De Blasio e i maggiori rappresentanti del governo cittadino hanno scelto di non essere presenti. Intanto, la famiglia di Eric Garner ha chiesto l’apertura di un’inchiesta federale, come quella in corso per Michael Brown.
Città diversa, polizie diverse, ma il problema rimane.