A fine maggio, durante la sua visita in Giappone per il vertice del G7, il presidente Obama si recherà in visita a Hiroshima, questo viaggio segnerà la prima visita di un presidente degli Stati Uniti in carica, da quando le forze americane hanno sganciato le atomiche su Hiroshima e Nagasaki, il 6 agosto di 71 anni fa.

«Il presidente non si scuserà per la decisione di utilizzare la bomba atomica alla fine della seconda guerra mondiale», ha dichiarato Benjamin J. Rhodes, il vice consigliere per la comunicazione strategica della sicurezza nazionale di Obama attraverso un post su Medium, la piattaforma per scrivere e condividere post online, «invece si concentrerà su una visione riguardante il futuro comune dei due paesi».

Il post di Rhodes spiega molto di questa visita di Obama, al di là dei comunicati della Casa Bianca: Rhodes è l’uomo che ha consigliato e appoggiato Obama nella decisione di interrompere l’embargo con Cuba e normalizzarne i rapporti, e anche questa visita a Hiroshima va nella stessa direzione, volta verso una chiusura col passato. È un voltare pagina e chiudere con le eredità ingombranti del secolo precedente. Obama sarà quindi il primo presidente americano ad essere fotografato sotto il ritratto di Che Guevara nella Cuba comunista, e nel luogo simbolo della follia della guerra, il tutto a pochi mesi da una tornata elettorale che pone gli americani davanti a un bivio sul proseguire (e possibilmente ampliare) questa strada o tornare ai muri e chiusure.

I critici di Obama vedono questa visita a Hiroshima come un ritorno di quello che era stato chiamato da Romney «il tour delle scuse», riferendosi al primo anno della sua presidenza, quando Obama aveva tenuto una serie di discorsi in Medio Oriente e in Europa riconoscendo gli errori del passato e cercando di ricostruire i legami deteriorati dall’amministrazione Bush.

In realtà il viaggio a Hiroshima non ha niente a che vedere con delle scuse ma è in linea con l’impegno di Obama sulla riduzione della diffusione delle armi nucleari, mostrata anche attraverso l’accordo completato con l’Iran l’anno scorso, quando gli Stati Uniti si sono impegnati ad abolire le sanzioni in cambio di nuove restrizioni sulla possibilità iraniane di sviluppare una bomba nucleare. «La visita del presidente – come ha dichiarato la Casa Bianca in un comunicato – sarà coerente con l’impegno di questa amministrazione di perseguire un programma per la sicurezza e per la fine della corsa verso il nucleare».

Oggi Hiroshima è il sito di un parco e un museo dedicati alla commemorazione delle vittime e alla celebrazione della pace e del disarmo nucleare. «Come ha affermato il presidente – ha continuato Rhodes su Medium – gli Stati Uniti hanno una responsabilità particolare visto che sono stati l’unica nazione ad aver usato un’arma nucleare».
I comitati pacifisti giapponesi si sono detti felici di questa decisione di Obama, ma, comunque, vorrebbero ricevere delle scuse ufficiali da parte del governo di Washington. Una scusa ufficiale, però, implicherebbe un’ammissione di colpevolezza che porterebbe direttamente a una richiesta di risarcimento.

Ma non è solo una questione economica americana, il consiglio di non chiedere scusa arriva dal Giappone stesso, come si è letto in uno dei cable diffuso da Wikileaks riguardante una conversazione risalente al 2009 tra il viceministro degli Esteri giapponese, Mitoji Yabunaka, e Hillary Clinton, che allora era il Segretario di Stato in carica.

Yabunaka aveva sconsigliato di porgere delle scuse ufficiali definendole un «non-starter», un non inizio, mentre sarebbe stata più opportuna «una semplice visita a Hiroshima senza fanfare, sufficientemente simbolica per trasmettere il messaggio giusto». Anche quella visita, comunque, secondo il viceministro, era sconsigliabile nel 2009.

In quell’occasione la Casa Bianca aveva smentito qualsiasi idea di una visita ufficiale di Obama a Hiroshima, ma sette anni e molti avvenimenti internazionali dopo, le cose sono cambiate.