È tutto pronto per l’arrivo del papa negli Stati uniti, la gigantografia di 70 metri dipinta a Manhattan  svetta davanti al Madison Square Garden, la Andrew Air force base è pronta ad accogliere l’aereo del pontefice proveniente dall’ex-nemica Havana. Francesco è stato un architetto del disgelo caraibico e nell’incontro di oggi alla Casa Bianca potrà aggiornare Obama sugli incontri appena avuti con Raul Castro.

Nel pomeriggio, nella basilica dell’immacolata concezione della capitale americana ci sarà la messa di canonizzazione di padre Junipero Serra. L’avanzamento della causa del frate Francescano evangelizzatore della California durante la conquista spagnola ha suscitato le proteste delle comunità indigene per cui la colonizzazione culturale dei missionari cattolici rappresenta ancora uno strumento del genocidio europeo nel nuovo mondo. Lo screzio è comunque destinato a venire offuscato dalla entusiasta accoglienza della comunità ispanica.

E i fedeli di lingua madre spagnola sono chiaramente la componente chiave del cattolicesimo Usa. Oggi costituiscono il 38% dei 68 milioni di cattolici americani e sono in continuo aumento, una dinamica che ha spostato il baricentro della chiesa Americana dalle tradizionali radici della East Coast e del Mid West verso il sudovest. Mentre le diocesi storiche come Boston, New York e Chicago sono in crisi, negli ultimi anni quella di Houston ha registrato la maggiore crescita nel paese. La diocesi più grande, quella di Los Angeles, composta per il 70% da fedeli di origini centro americane. Una realtà che sottolinea come vi siano in realtà due Americhe cattoliche, quella tradizionale anglo, fortemente conservatrice legata al partito repubblicano e quella «latina» ferventemente devota ma anche caratterizzata da forti maggioranze democratiche. Con questi ultimi Francesco gioca «in casa», non solo per le comuni radici geografiche ma per la sua enfasi su temi di giustizia sociale (nelle ultime elezioni il 75% dei cattolici ispanici hanno votato Obama, quelli bianchi al 59% per Romney). In America le fila dei cattolici, che alla fondazione della nazione costituivano appena l’1% della popolazione, sono state ingrossate dalle grandi ondate di immigrazione polacca, italiana e irlandese del secolo scorso. Politicamente sono stati una componente essenziale della coalizione liberal del New Deal per poi subire una deriva conservatrice nel dopoguerra.

I vescovi americani hanno comunque rappresentato una componente relativamente progressista rispetto al Vaticano. Con le sue encicliche sul clima e i pronunciamenti contro il capitalismo, Francesco però ha ora “superato a sinistra” la curia statunitense (ancora provata dalla recente «sconfitta» sui matrimony gay). L’enfasi di questo papa su questioni di ecologia e giustizia sociale ne ha fatto di gran lunga il pontefice più popolare fra l’intellighenzia liberal, da Washington a Hollywood. Il papa che «ama la gente e che è il papa della gente» come ha dichiarato fra le tante Patti Smith, esercita un grande fascino e per lui sembra essere assicurata l’acclamazione prorompente e sincera.

Non mancheranno però anche le polemiche. I membri dello Snap che rappresenta le vittime degli abusi sessuali dei preti pedofili hanno annunciato volantinaggi sul suo percorso per tenere viva la memoria di uno scandalo che Francesco ha «ereditato» dai suoi predecessori e che in America è venuto alla luce. Tre diocesi americane, Gallup, New Mexico, Milwaukee e Minneapolis, sono in bancarotta a causa degli ingenti risarcimenti elargiti alle vittime. A Los Angeles i risarcimenti a centinaia di vittime ammontano a più di $720 milioni e sono costate il posto a quello che era uno dei prelati più potenti del continente, il cardinal Roger Mahoney. Fra qualche settimana Spotlight un film appena proiettato al festival di Venezia, ripercorrerà le inchieste del Boston Globe che per prime scoprirono una questione che la diocesi del cardinal Law avevano fatto di tutto per tenere segreta. Soprattutto lo scandalo Americano è servito a mettere in luce la grave connivenza del Vaticano di era Wojtyla e della congregazione per la dottrina della fede agli ordini di Joseph Ratzinger. Il papa si dovrebbe incontrare con alcune vittime che reclamano che la chiesa cessi di intraprendere azioni legali ancora in corso per contrastare le rivendicazioni e di rendere pubblici i documenti ancora sotto sigillo sui preti colpevoli. Se vorrà riuscire ad archiviare o almeno allontanare lo scandalo Francesco dovrà accompagnare le parole di rammarico con qualche gesto concreto, ad esempio per quello che riguarda le richieste delle vittime di perseguire anche l’ex arcivescovo di Philadelphia Justin Rigali e Raymond Burke ex cardinale del Missouri e del Wisconsin per le loro omissioni.

Quando il papa parlerà al congresso si rivolgerà a camere congiunte composte al 30% da cattolici, un segmento che ha sostenuto Obama nelle ultime due elezioni. La sua visita avrà luogo in un inizio di stagione delle primarie su cui potrebbe teoricamente influire (un quarto dell’elettorato americano è cattolico). Al di là di un assist simbolico a Obama sull’accordo nucleare iraniano, non è chiaro quanto il papa possa davvero incidere sulla campagna. Gli unici quattro cattolici in lizza si trovano fra i conservatori (i repubblicani Bush, Christie, Jindal e Rubio). Una foto col pontefice di certo non nuocerebbe alle loro campagne, anche se gli appelli del Laudato si’ hanno smarcato le loro posizioni negazioniste sul mutamento climatico. Paradossalmente il beneficiario maggiore della visita papale potrebbe essere un ebreo agnostico: il «socialista» Bernie Sanders.