«Il Venezuela è una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati uniti». Così, senza paura del ridicolo, si è espresso il presidente Barack Obama. Il Venezuela di Nicolas Maduro – ha aggiunto – è una minaccia «inusuale e straordinaria» per la politica estera nordamericana. Un pericolo persino per la «salute del sistema finanziario» Usa.

Le Forze armate venezuelane non partecipano a missioni di guerra, né accettano sul proprio suolo basi straniere. Il socialismo bolivariano esporta petrolio a prezzi solidali e invia aiuti umanitari senza contropartita, prendendo rischi in prima persona. E’ accaduto così dopo il massacro di Israele a Gaza, quando il presidente Maduro ha convinto l’Egitto a lasciar passare degli aerei inviati da Caracas con cibo e medicinali. Ha ottenuto di portarli direttamente a Gaza. Una bomba israeliana è caduta vicino al velivolo, che però è riuscito a riportare a Caracas bambini palestinesi feriti per poterli curare. All’interno dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli dell’America, il Venezuela si è mosso per disinnescare tutti i devastanti conflitti internazionali, proponendo un cammino di pace: dalla Libia, alla Siria, al conflitto israelo-palestinese.

Da anni, attraverso un progetto organizzato con le succursali della petrolifera di stato Pdvsa negli Stati uniti, il Venezuela manda combustibile gratuito ai poveri del Bronx, che hanno riservato un’accoglienza calorosa a Maduro, come prima avevano fatto con Chavez. In che modo una politica di pace può costituire una minacca per gli Stati uniti? In che modo la sovranità di un piccolo paese latinoamericano ancora non completamente sviluppato può rappresentare un pericolo per la politica estera degli Usa? Questo Obama non lo ha chiarito, limitandosi a fornire un elenco di 7 funzionari venezuelani, sanzionati per aver «violato i diritti umani».

Al primo posto, la magistrata che accusa alcuni membri dell’opposizione come la ex deputata filo-atlantista (e golpista), Maria Corina Machado. Machado, grande amica di George W. Bush, è stata in prima fila nel colpo di stato contro Hugo Chavez, nel 2002, ma successivamente amnistiata dall’ex presidente venezuelano insieme a un altro inquisito, Leopoldo Lopez. Quest’ultimo, secondo i documenti pubblicati dal sito Wikileaks, era a libro paga della Cia da almeno 10 anni, e ha continuato a rispondere ai suoi padrini per ogni operazione politica. Come ha documentato l’informazione indipendente, la lunga mano delle agenzie per la sicurezza Usa ha costruito il golpe contro Chavez e ha continuato a foraggiare le sue emanazioni a Caracas come nel resto dell’America latina. Finanziamenti erogati – spiega ogni anno il Congresso – alle organizzazioni «per la difesa dei diritti umani». Quelle stesse che hanno orchestrato la gigantesca campagna mediatica contro il governo Maduro: falsando dati e capovolgendo schemi, e silenziando la voce dei parenti delle vittime delle violenze orchestrate dall’estrema destra venezuelana.

«La minaccia del chavismo in Europa», hanno titolato i grandi giornali spagnoli contro Podemos, come prima avevano fatto in Grecia contro Tsipras («il Chavez dei Balcani, secondo la stampa Usa»). La «minaccia «inusuale e straordinaria» sarebbe quella dell’esempio proveniente da un paese che custodisce le prime riserve di petrolio al mondo e che ha deciso di far pagare le grandi imprese per tutelare i diritti sociali? Così la vedono i movimenti e le sinistre, che esprimono solidarietà al Venezuela socialista, dentro e fuori l’America latina: e che temono l’arrivo di un golpe, dopo quello sventato di recente, orchestrato, secondo un video diffuso, ancora una volta negli Usa.

Durissimo il commento dell’intellettuale argentino Atilio Boron: «Obama, figura decorativa della Casa Bianca, incapace di impedire che un energumeno come Netanyahu si dirigesse a entrambe le camere del Congresso per sabotare le conversazioni con l’Iran sul nucleare ha ricevuto un ordine imperativo dal complesso militare- industriale-finanziario per creare le condizioni che giustifichino un’aggressione armata al Venezuela». Da Cuba, Fidel Castro ha appoggiato la presa di posizione dell’Avana scrivendo una lettera di solidarietà personale a Maduro.

Maduro ha reagito con orgoglio, nel solco di quanto aveva già fatto dopo la minaccia Usa di «torcere il braccio» al socialismo: ha convocato l’incaricato d’affari Usa, ha proclamato «eroi» i funzionari sanzionati e ne ha nominato uno, il generale Gustavo González López come ministro degli Interni.