Ieri è stata una delle giornate più caotiche, dal punto di vista diplomatico e delle relazioni, nell’attuale crisi ucraina. Nella mattinata, dopo una telefonata con Putin, il presidente ucraino Poroshenko ha annunciato una tregua «permanente». Dichiarazione subito ritrattata, dato che Mosca ha specificato di «non essere impegnata in nessun conflitto».

Quindi si è virato su una «possibile tregua», da raggiungere venerdì in un incontro a Minsk. L’agenda è stata scritta da Putin stesso, a mano, sull’aereo che lo riportava a Mosca dalla Mongolia: sette punti per arrivare ad una pace, ad una soluzione politica. In giornata si è espresso Yatseniuk, il premier ucraino, che ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di accettare la «roadmap» del Cremlino. E mentre si cerca di capire chi comanda a Kiev – se Poroshenko, «insider americano» da anni, o Yatseniuk, «l’uomo del Fmi» – Obama in Estonia proseguiva nella sua dialettica zoppicante. Da un lato si è detto disponibile ad una soluzione politica, dall’altro ha garantito l’appoggio totale della Nato e degli Usa.

Oggi comincia l’incontro dell’Alleanza atlantica in Galles; tra gli argomenti di discussione, la partenza del team militare composto da migliaia di soldati, per il «pronto intervento» e in grado, nelle idee di Washington, di inchiodare la Russia a ragionamenti più miti. Putin ha preceduto tutti, con i suoi sette punti che se accettati potrebbero portare ad una svolta reale.

Mosca chiede che i ribelli cessino il fuoco, che l’esercito ucraino abbandoni le aree dell’est. Zone dove ancora ieri si è combattuto. L’esercito di Kiev ha abbandonato l’aeroporto di Donetsk, ma nei pressi combattono ancora i battaglioni di volontari. L’inerzia, in ogni caso, è a favore dei ribelli. Mosca ha poi posto come condizione l’esclusione dell’uso dell’aviazione contro i civili e anche «il pieno e oggettivo controllo internazionale del cessate del fuoco», oltre all’attivazione dei corridoi umanitari e uno scambio di prigionieri.

Poroshenko non si è espresso durante la giornata, mentre il premier Yatseniuk ha sfruttato il meeting Nato di oggi, per ricordare, a suo dire, la vera intenzione di Putin: «Ricreare l’Unione Sovietica». Chissà se Obama ha subito il fascino indiscreto di un ritorno alla guerra fredda di un tempo, mentre in Estonia si faceva paladino dei diritti degli ex Stati dell’Urss.

Gli animi da quelle parti sono già rodati: «L’Ucraina è una linea del fronte per tutti noi», ha detto a nome dei leader dei paesi baltici, Dalia Grybauskaite, presidente della Lituania, rivolgendosi a Barack Obama che, alla vigilia del summit della Nato ha fatto una tappa in Estonia per un «significativo» incontro con i leader che si sentono direttamente minacciati dalle mire espansionistiche russe.

Obama ha definito «granitico» l’impegno Usa in difesa dei Paesi Baltici, ricordando che gli Stati uniti hanno «aumentato la presenza in quelle aree». Obama ha concluso la sua tappa estone con un discorso nell’Auditorium di Tallinn in cui ha ricordato come la visione di un’Europa di pace e libertà sia «minacciata dall’aggressione della Russia contro l’Ucraina». Ma ha assicurato che la Nato non permetterà che «questa aggressione rimanga impunita». Nel frattempo l’Alleanza scalda i motori: l’Ucraina e la Nato terranno un’esercitazione militare congiunta – come avviene dal 2006 – nelle regioni occidentali a metà settembre.

«Dal 16 al 26 settembre l’Ucraina ospiterà l’esercitazione multinazionale «Rapid Trident» con Stati uniti, Nato e altri Paesi», ha annunciato il Consiglio nazionale di sicurezza e di difesa ucraino. In piena neolingua orwelliana, il programma che prevede le giostre militari si chiama «Partnership for Peace» e coinvolgerà 1.200 militari di undici Paesi.

Nel clima torbido di ieri, non poteva mancare l’Ue. In seguito alla richiesta formulata dal vertice Ue di sabato scorso, secondo quanto si legge in una nota, «la Commissione Ue ha adottato le proposte per compiere ulteriori, importanti passi» sul fronte delle misure restrittive nei confronti della Russia. Proposte «complementari» alle sanzioni adottate dall’Ue il 31 luglio scorso e che riguardano gli stessi settori: mercati finanziari, forniture militari, beni a doppio uso (civile e militare), tecnologie sensibili (specie nel campo energetico).

«Tocca ora ai Paesi membri discutere e decidere» sulle proposte che la Commissione ha messo sul tavolo, si legge ancora nella nota. Un lavoro che ha preso il via già nel pomeriggio di ieri con la riunione del Coreper. «Una volta approvate, le nuove misure saranno rese note con la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue».