Quasi a fine mandato, Barack Obama, che a lungo ha trascurato l’Europa a vantaggio dell’area del Pacifico e dell’Asia, ha trovato il vecchio continente afflitto da numerose crisi: minaccia di Brexit con il referendum di giugno; crescita del populismo, confermata dai risultati del primo turno della presidenziale in Austria; crisi dei migranti; minacce persistenti del terrorismo; problema dell’Ucraina e delle relazioni con la Russia; economia in difficoltà, a cui gli Usa rispondono con la proposta di accelerare la conclusione dei negoziati sul Ttip (trattato di libero-scambio transatlantico), mentre gli europei manifestano un crescente scetticismo. Nel viaggio che si è concluso ieri con un mini-vertice a cinque (con Merkel, Hollande, Cameron e Renzi) alla Hannover Messe, la fiera industriale del made in Germany dove gli Usa erano gli invitati d’onore, Obama ha invitato gli europei a restare uniti: “gli Stati uniti e il mondo hanno bisogno di un’Europa forte, democratica e unita, perché quello che succede su questo continente ha conseguenze sul mondo intero”. Era già stato il messaggio nella tappa di Londra, con l’invito ai britannici ad evitare il Brexit.

Più di metà del mini-vertice è stata dedicata alla difesa, alla Siria in particolare e alla Libia, con dichiarazione di sostegno a Fayez al-Sarraj. Obama verrà ancora una volta in Europa prima della fine del mandato: sarà a Varsavia, per il vertice Nato a luglio. Ieri, Obama ha invitato gli europei a non abbassare la guardia e ha di nuovo reclamano agli alleati di alzare il finanziamento della difesa, per portarlo al 2% del pil (gli Usa finanziano la Nato al 75%). Obama ha confermato che gli Usa hanno aumentato il numero di consiglieri militari in Siria, 250 uomini delle forze speciali che andranno ad aggiungersi alla cinquantina presente da tempo. In Europa, Obama considera che il dirigente più affidabile è Angela Merkel, a cui ha fatto molti complimenti, a cominciare dalla gestione della crisi dei rifugiati. Ma sulla difesa e sulla Siria ci sono dissensi tra Usa e Germania: in particolare, Merkel si è impegnata ad aumentare la spesa militare (oggi di 34 miliardi di euro a 39 miliardi entro il 2020), ma resta lontana dal 2% del pil (per rispettarlo dovrebbe salire a 60 miliardi). Inoltre, Obama considera “irrealizzabile” la proposta difesa da Merkel di creare una zona di esclusione aerea in Siria. Per Obama significherebbe “prendere il controllo di parte del paese”. Obama aveva già respinto l’idea francese di intervento diretto in Siria. Il presidente Usa ha cercato di convincere gli europei dell’efficacia delle sanzioni contro la Russia. L’Italia, ma anche la Francia e la Germania, calcolano soprattutto i costi economici delle sanzioni per le rispettive economie.

Dissensi anche sul Ttip, il trattato transatlantico, che ieri ha aperto a New York il tredicesimo round. François Hollande aveva persino chiesto che il negoziato controverso fosse cancellato dall’agenda dell’incontro di Hannover, poiché in Francia è un argomento troppo impopolare che un presidente ormai respinto dalla maggior parte dei cittadini non ha più la forza di portare avanti. Ma Obama insiste: “non mi aspetto di essere in grado di ratificare l’accordo entro l’anno – ha detto – ma auspico di portare a termine il negoziato” entro la fine del 2016, poiché “con le transizioni politiche che verranno negli Usa e in Europa potrà voler dire che questo accordo non sarà concluso prima di un certo tempo”. Angela Merkel è d’accordo e invita a “utilizzare la possibilità della finestra di tempo” ancora aperta. Ma il ministro dell’economia, Sigmar Gabriel, ha messo in guardia: “senza concessioni Usa, l’accordo fallirà”, ha affermato, facendo riferimento a un trattato che equivale a dire “comprate americano”. C’è stato anche uno scambio di battute in questo senso tra Obama e Merkel alla Hannover Messe: la cancelliera ha ribattuto al presidente Usa che “anche comprare tedesco è bene”. Il Ttip, che riguarderà il 40% circa del commercio mondiale, sta sollevando sospetti perché il negoziato avviene nel segreto e con l’omologazione delle norme fa temere scelte al ribasso rispetto agli standard europei sul fronte del sociale e dell’ambiente. Anche la Germania contesta il ricorso all’arbitrato per risolvere i conflitti tra imprese e stati, una sorta di giustizia privata (che già esiste e che è in genere molto favorevole alle imprese). La Ue ha proposto un sistema intermediario, un tribunale internazionale del commercio con giudici pubblici nominati dagli stati, ma gli Usa frenano e hanno lasciato questo punto della trattativa in fondo all’agenda.