Il presidente Barack Obama ha puntato il dito contro le interferenze in Libia dei paesi del Golfo. Secondo Obama, neppure un intervento militare sarebbe sufficiente a ridurre le tensioni che dilaniano il paese. «Dobbiamo incoraggiare alcuni dei paesi del Golfo che esercitano la loro influenza sulle fazioni libiche a cooperare», ha avvertito Obama a margine dell’incontro dello scorso venerdì con il premier italiano Matteo Renzi che era in visita a Washington.

«In alcuni casi (i paesi del Golfo, ndr) hanno soffiato sul fuoco del conflitto militare», ha ammesso il presidente Usa. Il riferimento è al sostegno di sauditi ed Emirati arabi uniti (Eau) all’Operazione Dignità (Karama) di Khalifa Haftar, il generale golpista che controlla la Cirenaica e da ormai un anno tenta di conquistare Tripoli senza successo.

Ma Obama si riferisce, senza citarlo direttamente, anche al sostegno accordato dal Qatar ai miliziani che appoggiano il parlamento di Tripoli.
Obama – in altre parole – vorrebbe disinnescare la guerra per procura che ha diviso il paese in tre macro-regioni (Cirenaica-Tripolitania e deserto del Fezzan).

Eppure sono stati prima di tutto i finanziamenti statunitensi che arrivano attraverso l’Arabia saudita ai jihadisti, ad alimentare questa spirale di caos che fa a pezzi la Libia.

Non solo, sono proprio i finanziamenti sauditi ad aver permesso ai jihadisti, sedicenti Stato islamico (Is), di controllare Derna e in parte Sirte tanto da esacerbare lo scontro sul campo.

Se a questo si aggiunge l’appoggio sconclusionato al parlamento di Tobruk, ormeggiato su una nave al largo della Cirenaica, da parte della comunità internazionale, si intravede l’assoluta incongruenza delle politiche occidentali in Libia.

«La crisi non si risolve con i droni», ha anche avvisato Obama, in uno scatto di pacifismo che non applica altrove, ricordando che il paese è diventato terreno fertile per il terrorismo internazionale.

Ma il presidente americano ha fatto un passo in più; secondo lui, il problema vitale in Libia è l’assenza di un governo centrale, alla cui formazione sta lavorando il mediatore delle Nazioni unite, Bernardino Léon fin qui senza grande successo.

Dal canto suo Renzi, che non ha perso l’occasione per elogiare le incursioni egiziane in Cirenaica, avrebbe riferito a Obama l’intenzione italiana di guidare il tentativo diplomatico in corso in Marocco, in particolare per fermare il «traffico di esseri umani».

Il riferimento in questo caso è ai continui sbarchi di migranti sulle coste siciliane.

Nei giorni scorsi sarebbero 400 gli uomini e le donne morti in una grave tragedia, come riferito dai loro compagni che hanno potuto raggiungere Reggio Calabria.
Non solo, perché lo scorso venerdì, il peschereccio Airone di Mazzara del Vallo, è stato fermato da alcuni miliziani a 30 miglia dalla costa di Misurata.

Sono proprio i contrabbandieri che gonfiano le fila delle centinaia di milizie libiche, a gestire il business della migrazione. L’allarme è poi rientrato con la messa in salvo dell’equipaggio composto da mozzi siciliani e tunisini in seguito all’intervento della marina militare italiana.

Proprio ieri, «Medici senza frontiere» ha lanciato una missione privata di soccorso ai barconi in difficoltà nel Mediterraneo, insieme alla Migrant offshore Aid Station (Moas). In particolare, la lancia My Phoenix avrà a bordo un equipaggio di venti persone e un’équipe per il soccorso medico in mare. L’iniziativa è stata presa in seguito alla chiusura dell’operazione Mare Nostrum.

L’Alto rappresentante della politica Estera, Federica Mogherini, in un documento che verrà presentato lunedì al Consiglio europeo ha riferito di varie opzioni per risolvere la crisi libica: dal «sostegno al monitoraggio del cessate il fuoco» fino a «operazioni di sorveglianza marittima».

Non si esclude l’intervento militare in seguito ad una risoluzione delle Nazioni unite: eventualità che bisserebbe i disastrosi attacchi della Nato del 2011 che hanno determinato il caos odierno.
Ad esacerbare lo scontro tra Haftar e islamisti di Tripoli sono arrivati ieri nuovi attacchi aerei. I bombardamenti dei militari pro-Haftar hanno colpito Tripoli. Secondo l’esercito vicino all’ex agente Cia, il cartello Fajr (Alba) che unisce gli islamisti di Tripoli e Misurata avrebbe eseguito «arresti di massa» nel quartiere Fashloom della capitale.

Oltre venti sono poi i morti degli scontri a Tajoura, vicino Tripoli, tra miliziani islamisti e militari. I miliziani di Fajr riferiscono invece di 32 morti e negano di aver perso la città di Tajoura.