Circa un mese dopo la creazione da parte dei Paesi del blocco Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – della New Development Bank, una banca dello sviluppo da 100 miliardi di dollari per finanziare progetti infrastrutturali, Barack Obama chiama a raccolta i leader africani per un mega-summit nel tentativo di riguadagnare terreno nei mercati africani sempre più all’ombra del dragone di Pechino. Washington ospita infatti fino a oggi il primo U.S.- Africa Leaders Summit su territorio nordamericano, un vertice senza precedenti e unico nel suo genere con ambizioni economico-finanziarie di larga portata ma in grave ritardo rispetto a eventi simili tenutisi negli ultimi anni in India, Cina, Giappone e Europa.

Si è aperto lunedì scorso il carosello dei Paesi Africani alla corte del primo presidente statunitense afro-americano che, insieme alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale cercherà di siglare accordi da capogiro con le economie africane nell’intento di picconare il tentativo delle economie dei paesi emergenti di sganciarsi dal “sostegno” finanziario del blocco anglo-americano.

Tra gli assenti al Forum di Washington i presidenti di Liberia, Guinea e Sierra Leone costretti a rinunciarvi a seguito dell’epidemia di Ebola scoppiata nei loro Paesi e che finora ha provocato oltre 800 vittime in tutta l’Africa Occidentale (secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) e i leader della Repubblica Centrafricana, di Eritrea, Sudan e Zimbabwe, questi ultimi non invitati perché considerati non “in regola” con Washington per il mancato rispetto dei diritti umani e della democrazia. Sul tavolo questioni come sicurezza, governance, democrazia, ma soprattutto affari e commercio in un continente che gravita sempre più nell’orbita cinese a scapito degli Stati uniti che registrano invece un forte ritardo rispetto a Pechino in un’Africa in forte crescita sia finanziaria che economica.

Attesissimo l’annuncio da parte di Barack Obama di investimenti per circa 14 miliardi di dollari delle imprese statunitensi nel settore dell’edilizia, dell’energia pulita, del settore bancario e in progetti di information technology in tutta l’Africa. Oltre all’impegno per l’aumento dei finanziamenti per il mantenimento delle operazioni di peacekeeping e l’incremento dei programmi alimentari. La Cina ha in attivo un volume di scambi con i Paesi africani di circa 200 miliardi di dollari, più del doppio degli Stati uniti che nel 2013 ha condotto il 67% del commercio africano con solo cinque Paesi e cioè Nigeria, Sud Africa, Angola, Egitto e Algeria.

Secondo quanto riportato recentemente dal Brookings Institution, il totale degli scambi commerciali degli Stati uniti da e verso l’Africa è calato negli ultimi anni arrivando a circa 60 miliardi dollari nel 2013, di gran lunga eclissato dall’Unione europea con oltre 200 miliardi di dollari e dalla Cina con 170 miliardi di dollari.

A prendere parte al vertice che si presenta come una partita di recupero per la Casa Bianca per l’acceso ai diversi settori del mercato africano, anche molte aziende africane e statunitensi. Tra quest’ultime, rappresentanti della Citigroup Inc, della Ford Motor Co, della General Electric Co, della Marriott International Inc, della Morgan Stanley e della Wal-Mart Stores Inc.

Il vertice in corso a Washington – ha lasciato intendere il presidente sudafricano Jacob Zuma – vuole essere la risposta alla Nuova Banca dello Sviluppo, vista come una grande sfida al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, determinanti nell’attuazione delle politiche capitalistiche occidentali.