Per Obama il 2014 dovrebbe essere the year of action, «l’anno dell’azione», che ricorda vagamente «il fare» di renziana memoria. La differenza con il leader del Pd, per ora, è che Obama nel suo atteso discorso sullo stato dell’Unione, classico della liturgia politica americana, ha annuciato l’aumento – entro il 2015 – dei salari minimi per i dipendenti pubblici. In più verrà introdotta una sorta di scala mobile che indicizzerà la tariffa oraria all’inflazione. Un doppio segnale che risponde alle richieste arrivate alla Casa Bianca dalle sponde più liberali e alle ondate di mobilitazioni da parte dei tanti lavoratori che chiedevano esattamente quello. Obama attuerà la sua proposta utilizzando un executive order e aumentando a 10,10 dollari all’ora la tariffa, ad ora stabilita a 7,25 dollari. Questa cifra non viene modificata dal 2009, ma in termini reali, come ha ricordato durante un discorso Obama, è la stessa «di quando Truman era Presidente», vale a dire gli anni ’50.

La nuova norma entrerà in vigore in tempi ancora da definire e riguarderà dapprima i lavoratori federali, ovvero i dipendenti pubblici. Come annunciato dalla Casa Bianca, «gli hardworking – tra cui il personale delle pulizie e operai edili – che lavorano con contratti federali beneficeranno dell’ordine esecutivo; tra gli esempi di chi trarrà beneficio dal provvedimento anche i dipendenti che nelle basi militari lavano i piatti, servono cibo e fanno il bucato». Secondo lo stampa locale sarebbero circa 2 milioni gli americani che lavorano su contratti federali, anche se il numero di lavoratori che ricevono il salario minimo ne costituirebbe solo una frazione. Un sondaggio del National Employment Law Project tra chi produce divise militari e fornisce cibo e servizi di pulizie, aveva rivelato che il 75 percento di loro guadagna meno di 10 dollari all’ora.

La misura inoltre dovrebbe riguardare solo i nuovi contratti, ma potrebbero essere poste delle clausole riguardo i rinnovi di quelli vecchi. Un sondaggio del Dipartimento del Lavoro americano rivela che sarebbero 16mila i lavoratori federali pagati meno di 7,25 dollari all’ora.

Il gesto di Obama è un’accelerazione politica e di fatto un gesto unilaterale: il decreto esecutivo è uno strumento che permette di scavalcare la quasi certa, nonostante si tratti di un gesto popolare, opposizione dei repubblicani al Senato. I repubblicani si oppongono ad un salario minimo più elevato, con l’antico adagio che finirebbe per nuocere ai lavoratori a basso reddito, perché non incentiverebbe le aziende ad assumere.

I sondaggi, però, mostrerebbe che Obama gode di fiducia e sostegno al riguardo: una ricerca del Wall Street Journal insieme alla Nbc News del dicembre scorso ha rilevato che il 63 percento degli americani è favorevole all’aumento del salario minimo federale a 10,10 dollari l’ora. E’ tempo di «riconsegnare la speranza a tutti» ha detto Obama in un messaggio televisivo trasmesso lunedì che ha anticipato il suo discorso di ieri (per altro nel suo speech del 2013 le parole job e work furono le più utilizzate in assoluto).

E la Casa Bianca nella sua nota ha affermato che un salario minimo più alto finirebbe per avere effetti positivi, perché «riduce il turnover e incrementa la produttività». Barack Obama chiederà al Congresso anche di introdurre una sorta di «scala mobile», capace di indicizzare il salario orario all’inflazione adeguando anche i contratti esistenti al reale costo della vita. Obama ha infatti spiegato che dal 1938 il salario minimo è aumentato per 22 volte, ma è stato eroso da diversi periodi di alta inflazione: «Indicizzare i salari consentirà di evitare un nuovo calo del loro valore reale».