Durante la storica visita in Argentina, Barack Obama ha confermato l’intenzione di declassificare i documenti militari e di intelligence relativi all’ultima dittatura argentina, che prese avvio con il colpo di stato militare del 24 marzo 1976 e durò fino al 1983. Gli Usa prendono decisioni simili ogni cinquant’anni, ma questa volta la declassificazione verrà fatta – ha assicurato Obama – con dieci anni di anticipo. L’annuncio era stato anticipato prima della partenza di Obama per Cuba, ed è stato riconfermato nel giorno della Memoria. Tuttavia, la decisione dovrà essere presa dal Congresso. Anche il Vaticano ha assicurato che aprirà gli archivi della chiesa per il periodo della dittatura «fra pochi mesi», e papa Bergoglio ha ricevuto la madre e la sorella della modella franco-argentina Marie-Anne Erize, che lavorava con i Montoneros nelle bidonvilles di Buenos Aires e che è stata sequestrata e torturata in un centro di detenzione clandestino.

«So che esistono polemiche circa le politiche degli Stati uniti in quei giorni oscuri – ha detto il presidente Usa -. È un’altra cosa che si sta analizzando e su cui si sta lavorando. Le democrazie devono avere il valore di riconoscere quando non sono all’altezza degli ideali che difendiamo». Obama ha riconosciuto che esiste un debito con i diritti umani degli argentini che il suo paese non ha potuto saldare. Si è spinto fino a riconoscere «la responsabilità morale» degli Usa nei confronti dell’Argentina, ma non ha fatto accenno – hanno ribattuto le organizzazioni per i diritti umani – alle responsabilità del suo paese nei delitti del Piano Condor. Estela Carlotto delle Abuelas ha chiesto a Obama collaborazione per ritrovare i nipoti rubati dai militari e portati negli Usa. Operazione Condor fu il nome dato dalla Cia e dall’amministrazione Nixon alla rete criminale con la quale i dittatori latinomericani si scambiavano i favori: per eliminare gli oppositori ovunque si trovassero. I documenti desecretati nel 1993, hanno mostrato le connivenze di Richard Nixon, allora presidente degli Usa e di Henry Kissinger, Segretario di Stato, con il dittatore Augusto Pinochet, pilastro del Condor, il cui golpe ha eliminato il governo di Allende in Cile l’11 settembre 1973. Obama ha pronunciato il suo discorso nella Plaza de la Memoria, militarizzata a causa delle proteste dei movimenti sociali.

«Con il governo di Mauricio Macri, l’Argentina è tornata indietro di trent’anni per quel che riguarda le politiche sui diritti umani», ha scritto in una lettera aperta la leader delle Madres de Plaza de Mayo, Nora Cortiñas. La dirigente ha fatto riferimento al caso di Luciano Arruga, torturato recentemente in un commissariato de La Matanza per dire che, a quarant’anni dal golpe militare, le pratiche della dittatura continuano a essere presenti nelle Forze di sicurezza. Cortiñas, che cerca ancora il figlio Gustavo, scomparso nel 1977, ha sottolineato come, in soli 100 giorni di governo Macri il popolo argentino abbia subito la disarticolazione degli spazi di riflessione e di indagine sui crimini della dittatura, sintomo di una «totale indifferenza per i diritti umani». Martedì, la Biblioteca Nacionale, storica istituzione fondata nel 1810, ha licenziato la quarta parte dei suoi lavoratori e molti intellettuali, pur critici con il kirchnerismo, hanno sostenuto i licenziati.

Madres e Abuelas hanno considerato «una provocazione» la visita di Obama nel giorno della Memoria e hanno sfilato in due grandi manifestazioni dei movimenti – una il 23 e una ieri – dietro uno striscione che diceva – «Fuori Macri, Fuori Obama e Patria o buitres», alludendo ai fondi speculativi che, con Macri, hanno di nuovo la strada aperta per strozzare il paese con un debito inestinguibile per generazioni. Le uniche buone relazioni che hanno avuto questi due paesi è stato quando «l’Argentina ha regalato la sua sovranità e le sue risorse agli Usa», ha detto il premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, secondo il quale gli accordi conclusi tra Obama e Macri sono un nuovo «cavallo di Troia per imporre una nuova ingerenza com’è accaduto in Colombia» .
Nel suo ultimo anno di mandato, il presidente Usa vuole lasciare un’altra impronta in America latina, ma puntando su nuove destre dal piglio ambivalente, come Leopoldo Lopez in Venezuela o Macri in Argentina. E molti analisti hanno ricordato come il ruolo degli Usa nel golpe istituzionale contro Manuel Zelaya in Honduras e quello contro Fernando Lugo in Paraguay, e poi le ingerenze nei confronti del Venezuela abbiano chiuso la porta alle speranze suscitate da Obama subito dopo la sua elezione.