Si conclude oggi a Lima, in Perù, il 28° Foro di cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec). Fondato nel 1989, l’Apec è composto da 21 economie dell’Asia-Pacifico con l’intento di «promuovere la liberalizzazione del commercio e degli investimenti, facilitare gli affari e la cooperazione economica per la prosperità dei paesi membri»: 12 fondatori (Australia, Brunei Darussalam, Canada, Filippine, Giappone, Indonesia, Corea del sud, Malesia, Nuova Zelanda, Singapore, Tailandia, Stati Uniti), e 9 aggiunti a partire dal 1992 (Cile, Cina, Hong Kong, Messico, Papua Nuova Guinea, Perù, Russia, Vietnam. Un blocco che rappresenta il 54% del Pil globale, il 50,3% delle esportazioni mondiali e un mercato di oltre 2,800 milioni di persone. Il Perù ospita per la seconda volta il Foro, che quest’anno si svolge però all’insegna dell’incertezza. Nel 2011, 12 dei paesi membri hanno firmato con Obama il Partenariato Trans-Pacifico (Tpp), messo ora in discussione dopo l’elezione di Donald Trump, che ha promesso di azzerarlo.

Tre economie dell’America latina – Cile, Messico e Perù – fanno parte dell’Apec. Le stesse che partecipano all’Alleanza del Pacifico, correlato fondamentale del Tpp, insieme alla Colombia, che infatti è stata invitata a partecipare al vertice di Lima. L’Alleanza del Pacifico comprende 215 milioni di abitanti e quasi il 40% del Pil del Latinoamerica. Se fosse un paese, sarebbe pari all’ottava economia mondiale. Nel continente, vi sono 110.000 imprese esportatrici e circa 65.000 di queste si trovano nell’Alleanza del Pacifico: il doppio che nel Mercosur, verso cui l’Alleanza si è volta dopo il ritorno delle destre in Brasile e in Argentina e la lotta per negare la presidenza pro-tempore al Venezuela, che di neoliberismo non ne vuole sapere. L’Argentina di Macri è già passata al rango di paese osservatore dell’Alleanza del Pacifico, in vista di una possibile incorporazione.

Il Tpp è stato un accordo storico, il fiore all’occhiello di Obama. «Non lasciamo che la Cina decida le regole economiche del mondo – aveva detto parlando della Trans Pacific Partnership – chiudersi alla globalizzazione non è la risposta giusta». Ieri, a Lima, il presidente della Cina, Xi Jinping, ha auspicato accordi di libero commercio «più inclusivi» perché – ha avvertito – «la globalizzazione economica è una spada a doppio filo».

Oggi arriverà la direttora del Fondo monetario internazionale, Cristine Lagarde, e anche il creatore di Facebook, Mark Zuckerberg, icona dell’innovazione tecnologica. Si discuterà della situazione economica globale e della creazione di una zona di libero commercio dell’Asia e del Pacifico. Vi saranno anche riunioni di lavoro sul tema della sicurezza alimentare, del cambiamento climatico e sulla situazione della donna nell’economia. Secondo un recente rapporto Onu, nonostante l’accesso delle donne alla formazione e ai programmi educativi sia migliorato, le economie Apec perdono circa 89.000 milioni di dollari all’anno a causa delle limitazioni alla partecipazione delle donne al lavoro.

A Obama restano appena due mesi di mandato e questo potrebbe essere il suo ultimo viaggio in America latina da presidente. I movimenti popolari peruviani lo hanno accolto al grido di «Fuera Obama», innalzando cartelli ironici sul suo Nobel per la Pace e altri che chiedevano di togliere le sanzioni al Venezuela e il bloqueo a Cuba. Gli ambientalisti hanno gridato slogan contro il Tpp e contro il progetto minerario Las Bambas, del consorzio cino-australiano Mmg, che ha suscitato un lungo conflitto sociale, e ha finora provocato 4 morti.

Un vertice dagli ampi contorni, moltiplicati dalla delicatezza del momento e dalla presenza dei principali attori della geopolitica mondiale, come Vladimir Putin. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, hanno tenuto una riunione a porte chiuse sulla situazione in Siria e in Ucraina.