Con la citazione dell’opera Aksion Estì (Dignum Est) del poeta greco, premio Nobel Odisseas Elitis, si è conclusa la visita ad Atene del presidente americano uscente, Barack Obama. «Questo piccolo mondo, il grande», ha detto il presidente democratico, appena salito sul podio della fondazione Niarchos, nella capitale greca.

Nel verso di Elitis, e nella trasposizione e citazione di Obama, si può anche cogliere la meraviglia che dovrebbe continuare a guidarci, in ogni piccolo gesto della quotidianità, e la continua interdipendenza, in questo piccolo, grande mondo in cui viviamo. Un riferimento pienamente attuale, in epoca di piena e spesso incontrollata globalizzazione. Il presidente americano, dopo aver visitato l’acropoli, ha voluto esaltare l’esemplare spirito greco di ospitalità, ed anche la forte solidarietà, dimostrata ai profughi. Con il suo riferimento a Pericle, «all’idea di democrazia e di stato nata in Grecia, venticinque secoli fa», Obama ha parlato anche del presente.

Poiché, come ha detto, «con Trump ci dividono molte e importanti differenze» ma «la democrazia è più forte di ogni singola persona». Ed è stato proprio Trump a essere contestato sonoramente, con slogan e cartelli, da una parte dei cittadini scesi in piazza ad Atene, martedì sera, per esprimere la propria contrarietà anche alla visita dell’inquilino della Casa bianca. A parte gli scontri di una parte dei manifestanti anarchici con la polizia, c’ è da registrare con interesse, appunto, la volontà di denunciare -a gran voce- la minaccia rappresentata del prossimo presidente, eletto grazie a un mix di populismo, rigurgiti di estrema destra e nazionalismo. Conscio delle difficoltà, Obama chiede all’Europa di superare le divisioni degli ultimi anni e di riuscire anche a fare da argine salutare e indispensabile ai futuri, probabilissimi, estremismi americani.

«Non possiamo muoverci in una realtà di continui scontri tra paesi», ha sottolineato il presidente Usa, ribadendo che «il mondo, oggi più che mai, ha bisogno di un’Europa democratica e prospera». È lo stesso messaggio che ha lanciato anche il primo ministro greco Alexis Tsipras, tendendo la mano, malgrado tutto quello che è successo negli ultimi due anni, alla cancelliera Merkel.

«I tedeschi dicono spesso che gli accordi vanno mantenuti. L’accordo del 2015 prevedeva che non appena conclusa la prima valutazione della sua applicazione, sarebbe iniziata la trattativa sull’alleggerimento del debito, e sono ottimista», ha detto il leader di Syriza, aggiungendo che «la cancelliera ha dimostrato di avere senso di responsabilità verso l’Europa». Tuttavia, da Berlino- dove Obama continua oggi il suo viaggio- le prime reazioni al riguardo sono tutt’altro che positive. Il portavoce della cancelleria, Steffen Seibert, ha risposto ai giornalisti che «il governo tedesco dà molta importanza alle dichiarazioni del presidente Obama», ma ha anche aggiunto che «la risposta è stata data nel maggio scorso dall’ Eurogrupo», e riguardo all’alleggerimento del debito greco, questa risposta «prevede che vengano adottate misure a lungo termine, dopo il 2018».

Dopo, cioè, le elezioni tedesche del prossimo anno. Mentre il portavoce di Schauble, usando un linguaggio meno «diplomatico» ha detto che «le posizioni tedesche non sono cambiate». L’Europa, quindi, continua a ricercare una lingua comune, che le possa far davvero comprendere il vero senso delle parole coesione e solidarietà. Ci si domanda, a questo punto -se gli appelli di Barack Obama dovessero rimanere inascoltati- cosa succederà nei prossimi mesi, quando il probabile protezionismo, l’isolazionismo, e le tendenze xenofobe della nuova amministrazione, si potrebbero scontrare con una realtà europea divisa e forse altrettanto egoista.

La Grecia è la principale cartina di tornasole di un possibile cambiamento. Se non si riduce il debito, e se si continua a chiedere la liberalizzazione dei licenziamenti dei lavoratori, l’Europa non ricuce l’enorme frattura sociale e morale, creata dalle feroci politiche di austerity imposte dall’ inizio della crisi.