«Dopo 13 anni di lavoro mi sono trovata di fronte ad un’azienda che ha detto: o ti adatti ai nuovi orari o te ne puoi andare». Leila per ora si è adattata, ma a prezzo di una vita privata che non esiste più, spazzata via dalle esigenze della logistica al tempo del Coronavirus. «Quando faccio il turno del mattino mi sveglio alle 4 di notte per iniziare alle 5 e mezza, se faccio quello di pomeriggio finisco alle 22.30. E così i miei due figli li vedo una settimana sì e una no, a seconda dei turni. Con mio marito, invece, ormai non parlo praticamente più. Quando lui dorme io lavoro, e viceversa».

Eccola qui la vita di una operaia che si occupa del controllo qualità dei vestiti del gruppo Yoox Net-A-Porter, il colosso dell’e-commerce che vende in tutto il mondo abbigliamento fashion e oggetti di design. Il cuore dell’azienda è però tutto bolognese. Bolognese di adozione è il suo fondatore Federico Marchetti, che racconta la nascita di Yoox con un’epopea in stile Steve Jobs. Tutto parte in un garage di periferia, poi le 90 ore di lavoro a settimana, la crescita vertiginosa, i due miliardi di ricavi del 2017, i progetti col Principe Carlo d’Inghilterra, i piani di ricerca sugli algoritmi e l’intelligenza artificiale per vendere sempre di più.

Bolognese è anche l’hub tecnologico che a pochi km dalla città dà lavoro a quasi mille persone, una Silicon Valley in miniatura con ingegneri e programmatori pagati sempre meglio. E bolognesi, l’altra faccia della medaglia della “favola” Yoox, sono anche i magazzini dove vengono smistati i capi destinati alla vendita online. Lì, stipendiate dalla srl Lis Group, lavorano cento donne, quasi tutte non italiane, che ogni ora devono controllare tra i 50 e i 70 capi destinati alla vendita sui portali del gruppo. Tutte in maglietta o felpa gialla, in piedi per otto ore con due pause di 15 minuti. A vigilare su di loro capireparto vestiti di verde, e i vertici del magazzini in rosso.

«Mia figlia non la vedo mai. La porto a scuola alle 8 e poi la rivedo di notte quando torno a casa. E’ come non averla questa bambina», racconta una delle operaie in maglia gialla, Sanaa, 27 anni. «Non voglio rinunciare allo stipendio perché l’azienda non riesce ad organizzarsi tenendo in considerazione anche le nostre vite», dice Yuba, 42 anni. Per 10 anni Yuba ha lavorato inquadrata in orari classici (8-17), e lei – ci tiene a sottolinearlo – Yoox l’ha servita e vista diventare un colosso. Da qualche mese però, per lei e per tutte le altre 100 colleghe del magazzino, è arriva la nuova organizzazione del lavoro su due turni.

Motivo ufficiale: la necessità di tenere separate il più possibile le operaie per evitare la diffusione del Covid. Motivo ufficioso, almeno così raccontano le dirette interessate, permettere all’azienda di pianificare meglio la produzione coprendo 18 ore al giorno su 24. Venti colleghe di Yuba se ne sono andate all’annuncio dei nuovi turni, dice il sindacato Si Cobas che sta organizzando la protesta delle operaie, ieri in sciopero di fronte alla prefettura di Bologna. Altre tre donne si sarebbero licenziate dall’inizio dell’autunno perché non sono riuscite a conciliare vita e lavoro. Yuba, ad esempio, ha una piccola di due anni e mezzo, e spiega di non potersi permettere una baby sitter. «Di mia figlia se ne stanno occupando per ora le vicine. Protestiamo anche per tutte le colleghe che non alzano la voce perché hanno paura».

Non è una storia isolata. C’è chi racconta di svegliarsi con la figlioletta di tre anni e consegnarla ad un’amica, alle quattro e mezza di ogni mattina, prima di andare al lavoro. E c’è chi ha mollato. Virginia, il nome è di fantasia su richiesta dell’interessata, ha rassegnato le dimissioni mesi fa: «Ci hanno detto di adeguarci ai nuovi turni ma con questi orari c’è un solo modo per farlo: spendere almeno 600 euro al mese per una baby sitter. Io ne guadagnavo 1100, a quel punto ho deciso che erano più importanti i miei due figli. Meglio a casa che lì».

Per tentare di cambiare la situazione il sindacato Si Cobas ha lanciato una serie di scioperi. Ieri altre otto ore di astensione dal lavoro, con la richiesta di un tavolo di trattativa e la promessa, spiega Eleonora Bortolato del sindacato di base, di una mobilitazione provinciale. Il Comune di Bologna con l’assessore Marco Lombardo ha invece chiesto la mediazione della prefettura e invitato la proprietà a incontrare le operaie. Con le scioperanti anche il movimento Non una di meno e l’Assemblea delle donne del coordinamento migranti: «Quella dei magazzini Yoox non è una situazione che ci sorprende, le condizioni di lavoro si stanno facendo sempre più critiche anche in altre aziende della logistica».