Sorrisi di circostanza e pacche sulle spalle hanno salutato l’adesione (scontata) degli Stati Uniti all’Expo 2015. Barack Obama in persona ha promesso di esserci e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. I 45 milioni di dollari per costruire il padiglione Usa ancora non sono stati trovati ma si sa che la Casa Bianca – che non tirerà fuori un centesimo di tasca sua – potrà contare sulla generosità di molte aziende.

Tra le prime ad esporsi pubblicamente, la multinazionale del biotech DuPont, “orgogliosa di partecipare”, come ha detto il vice presidente esecutivo Jim Borel. “Questo palcoscenico globale fornisce un’opportunità di generare dialogo e fattiva collaborazione per nutrire una popolazione crescente”. L’ultima volta che l’americana DuPont ha cercato il dialogo oltreoceano è stato un paio di mesi fa, quando ha convinto la Commissione europea, nonostante il parere contrario di 19 paesi, a ratificare una sorta di via libera a un suo mais Ogm. Altre multinazionali presto metteranno mano al portafoglio e il padiglione di Obama & Co. sarà sicuramente uno dei più sfavillanti dell’esposizione universale che si pone l’obiettivo di nutrire il pianeta.

Questa è la vera partita che si giocheranno dietro le quinte di Expo 2015, il controllo del sistema agricolo e alimentare su scala mondiale cercando di fare breccia nella vecchia e riottosa Europa. Manca poco più di un anno e la ritrovata Coalizione per un’Italia libera dagli Ogm (39 associazioni, da Acli a Legacoop, da Coldiretti a Cia, da Greenpeace a Slow Food, da Aiab a Legambiente) ha deciso di mettere i piedi nel piatto per tentare di ostacolare le tante insidie della deregulation transgenica. Il raggio d’azione delle potentissime lobby pro biotech non conosce confini, si va dalla Casa Bianca fino all’ultimo sperduto campo provocatoriamente seminato da un agricoltore friulano con mais Mon810 (Monsanto).

“Il prossimo 9 aprile – spiegano le associazione che ieri hanno organizzato un incontro a Milano – il Tar si pronuncerà sul ricorso presentato da quell’agricoltore contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais Mon810, e se il ricorso fosse accolto si rischierebbe di aprire la strada a semine incontrollate di colture transgeniche”. A un anno dall’Expo sarebbe un segnale devastante che potrebbe avere ripercussioni anche al di là dei confini italiani, anche se la Regione Friuli in questi giorni ha emanato un decreto che vieta la semina e la coltivazione di Ogm sul suo territorio.

In attesa della sentenza, le associazioni hanno lanciato una giornata di mobilitazione nazionale con presidi informativi in diverse città italiane (Milano, Torino, Bologna, Padova, Firenze, Perugia). Nasce da questa prima insidia l’urgenza dell’ appello lanciato al presidente del Consiglio per “convincerlo” ad emanare immediatamente un decreto contro le semine Ogm, anche per dare un segnale inequivocabile su come si colloca il governo di Matteo Renzi in sede europea durante il semestre italiano (dopo le elezioni, le lobby americane pro Ogm torneranno alla carica).

Eppure è proprio negli Stati Uniti, dove il 73% dei semi è stato modificato per resistere agli erbicidi venduti dalle stesse aziende del biotech, che il business mostra le prime crepe. Migliaia di agricoltori cominciano a pagare un prezzo troppo per essersi “convertiti” all’agricoltura geneticamente modificata. Come ha detto ieri a Milano il coltivatore statunitense Wes Shoemyer, chi acquista sementi brevettate per contratto deve continuare a farlo per lungo tempo e poi sottostare alle politiche dei prezzi decise dalle multinazionali.

“Lo stesso dipartimento di stato Usa – ha spiegato – ha verificato un impatto sui redditi degli agricoltori che hanno seminato mais Gm. Soltanto le multinazionali che registrano brevetti di sementi ottengono profitti notevoli”. Nel 2012, per esempio, il prezzo medio delle sementi di mais Ogm era salito a 263 dollari quando quelle tradizionali costavano circa 167. E c’è chi ha già previsto l’oscillazione dei prezzi in un futuro prossimo: secondo uno studio della Washington State University, le sementi Ogm aumenterebbero di prezzo proprio nel momento in cui venissero autorizzate nell’Unione europea.