Da una parte Confindustria, Cisl e Uil che in mattinata danno per scontata la firma «vicinissima» sul nuovo modello contrattuale. Dall’altra la Cgil che nel pomeriggio da Milano – dove oggi si apre la due giorni della Conferenza di programma – recapita il suo «così com’è il testo non è firmabile».

LE PARTI SOCIALI NE DISCUTONO  da un anno buono. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia l’ha rilanciato dopo la sua elezione coniando l’espressione «patto della fabbrica». Si tratta del nuovo sistema che dovrà normare i contratti nazionali per mettersi alle spalle l’epoca dei blocchi e fare i conti con quella della post inflazione. Senza dimenticare il tema della rappresentanza delle imprese per evitare i «contratti pirata», la riduzione del numero dei contratti nazionali e i livelli contrattuali.

LO SCOGLIO PIÙ DIFFICILE è come calcolare gli aumenti salariali. Sparita l’inflazione, Confindustria punta tutto sul concetto ormai fin troppo elastico di «produttività». La quadra potabile per Cisl e Uil è quella di demandarne il sistema di calcolo tutto alle categorie, ripetendo quanto successo negli ultimi anni con molte differenze nei rinnovi dei chimici (i primi a farlo) e dei metalmeccanici.

IL PUNTO PERÒ CHE LA CGIL non accetta è proprio quello sulla produttività: nel testo attuale uscito dal tavolo tecnico si precisa che nel caso in cui la produttività sia definita a livello nazionale il tema non sarà toccato a livello aziendale. Insomma è passata la linea di Confindustria: se i soldi te li do a livello nazionale non te li ridò a livello aziendale. Posizione inaccettabile per Susanna Camusso e tutti i segretari di categoria che ieri hanno fatto il punto. L’obiettivo della Cgil è aumentare i salari più dell’inflazione e per farlo punta a distribuire produttività su tutti i livelli. Opponendosi poi a fare del welfare un elemento salariale puro come vorrebbe Confindustria. La richiesta è infine quella di fare della formazione un diritto soggettivo esigibile e di mantenere un atteggiamento critico sul mercato del lavoro.

L’ALTRO TEMA SPINOSO RIGUARDA il «perimetro contrattuale». Dopo molte resistenze Confindustria ha aperto alla possibilità alla «contrattazione territoriale»: per le imprese senza contrattazione di secondo livello farà fede un contratto di territorio.

SULLA POSSIBILITA’ DI UN ACCORDO SEPARATO se ne saprà più oggi. Quando a Milano alla prima giornata della conferenza di programma della Cgil – dal titolo “Buon lavoro, governare l’innovazione, contrattare la digitalizzazione” – nel pomeriggio interverrà anche Annamaria Furlan.

IERI ALLA PRESENTAZIONE delle proposte Cisl in vista dell’elezioni – a cui hanno presenziato anche Boccia e Barbagallo – aveva detto: «Siamo a un passo dall’accordo, sarebbe un grande salto con cui garantire qualità del lavoro e produttività» e per «evitare il dumping contrattuale». Le ha fatto subito eco il presidente di Confindustria che, dopo aver in qualche modo sdoganato la flat tax («se è a partire da imprese e lavoro va bene: se è generalista ha bisogno di risorse rilevanti»), ha detto: «L’accordo diventa una precondizione per costruire un’idea più complessiva per un paese competitivo», mentre il leader Uil Carmelo Barbagallo ha sottolineato: «Dobbiamo fare in modo che sia il più vicino possibile».

LE PROPOSTE CISL AI PARTITI sono le stesse già presentate nel febbraio 2015 – bonus da mille euro per lavoratori e pensionati con reddito sotto i 40mila euro finanziato con una patrimoniale – con in più l’innovazione riguardante le multinazionali: l’idea di un contratto europeo per migliorare le condizioni dei lavoratori RyanAir e Amazon.