Nuova tappa nella caduta agli inferi di François Hollande: ieri, meno di 24 ore dopo le rivelazioni del sito di inchieste Mediapart, Aquilino Morelle, il consigliere politico del presidente, colui che gli scriveva i discorsi, è stato costretto a dare le dimissioni. Morelle è sospettato di «conflitto di interessi»: quando era ispettore generale degli affari sociali contemporaneamente aveva lavorato, senza dichiararlo, per delle case farmaceutiche che, come funzionario pubblico, avrebbe dovuto controllare. La promessa di Hollande – «Io presidente, sarò alla testa di una Repubblica senza macchia» – prende un nuovo colpo, a un anno dalle dimissioni forzate dell’allora ministro del bilancio, Jérôme Cahuzac, che aveva nascosto un conto in Svizzera. Hollande, che ieri era a Clermont Ferrand con gli operai della Michelin per cercare di recuperare un po’ di terreno presso le classi popolari scombussolate dalle scelte economiche del governo, si è limitato a dire che le dimissioni «sono la decisione opportuna».

Lo scandalo Morelle arriva nel momento peggiore, a poche settimane dal varo del nuovo governo di Manuel Valls, pochi giorni dopo la presentazione di alcuni dettagli del Patto di responsabilità, cioè dei tagli al welfare per risparmiare 50 miliardi di spesa pubblica entro il 2017, nella speranza di evitare la multa di Bruxelles per il non rispetto dell’impegno del rientro del deficit entro il 3% del Pil (ora è al 4,3% e Parigi aveva già ottenuto deroghe). È stato lo stesso Valls a spingere Morelle a veloci dimissioni, sperando di limitare i danni di questo nuovo scandalo.

Morelle si difende, goffamente. Nega di essere stato in conflitto di interesse, parla di «insinuazioni» che mirerebbero a «mettere in causa il suo onore», afferma di aver scelto le dimissioni per essere «completamente libero» di difendersi e «per non mettere nell’imbarazzo l’azione del presidente della Repubblica, del governo e della maggioranza, in un momento particolarmente difficile nella vita del paese». Il nuovo segretario temporaneo del Parti Socialiste, Jean-Christophe Cambadelis, aveva del resto già chiesto ad alta voce le dimissioni per differenziarsi dal suo sbiadito predecessore, Harlem Désir (ora entrato nel governo come sotto-segretario all’Europa): «Se quello che ci viene detto è vero, non vedo come possa rimanere». La segretaria dei Verdi, Emmanuelle Cosse, ha riassunto la situazione: «Il presidente e il governo spiegano che la gente che vive con 700 euro al mese deve ancora fare degli sforzi, e contemporaneamente veniamo a sapere che dei consiglieri del presidente possono avere missioni da 15mila euro in modo segreto».

Morelle nega il conflitto di interessi, ma ha fatto delle consulenze per delle case farmaceutiche (American Lilly o la danese Lündbeck), con parcelle di una certa consistenza che venivano versate a una società gestita da suo fratello. Nella difesa confusa di queste ore, Morelle ha affermato di aver chiesto l’autorizzazione per svolgere altre attività, come l’insegnamento universitario, ma l’Igas (Ispezione generale degli affari sociali) nega di aver dato l’autorizzazione per un’attività di consulenza. L’Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica ha aperto un’inchiesta. Il conflitto di interesse è la colpa più grave, ma c’è dell’altro: il ridicolo delle rivelazioni dei gusti di lusso di Morelle, medico e diplomato dell’Ena, che faceva venire in un salone dai soffitti dorati dell’hotel Marigny, a due passi dall’Eliseo, un lustrascarpe personale per pulire le sue 30 paia di calzature realizzate su misura. Per non parlare dell’uso privato degli autisti e delle segretarie dell’Eliseo, o dei vini grand cru bevuti in questi due anni.

Lo scandalo Morelle arriva quando una parte dei deputati socialisti si sta ribellando apertamente al programma di tagli di Valls, che prevede un calo di 50 miliardi della spesa pubblica mentre concede al padronato 30 miliardi di sgravi di contributi, nella speranza di un rilancio dell’occupazione (i disoccupati sono ormai più di 3 milioni, che salgono a 5 se si calcolano anche coloro che hanno un’attività ridotta e subita).

In una lettera al primo ministro, un gruppo consistente di socialisti afferma che il congelamento delle prestazioni sociali, dei salari dei funzionari pubblici e delle pensioni, i tagli al finanziamento degli enti locali e la diminuzione del numero di dipendenti statali, è «economicamente pericoloso» e «contrario agli impegni presi con gli elettori». La protesta intende obbligare Valls a rivedere il piano di austerità. La minaccia di non votare il piano, che sarà sottoposto all’Assemblea nazionale il 30 aprile prossimo, e di far cadere il governo è però un’arma a doppio taglio: in caso di elezioni anticipate, la sinistra è destinata a perdere e molti deputati a perdere il seggio.