I 1.907 nuovi casi positivi al coronavirus di ieri rappresentano un nuovo massimo dalla fine del lockdown. Nelle scorse 24 ore si sono registrate anche 10 vittime, un numero rimasto stabile dal mese di luglio a oggi. Come più volte ripetuto dagli esperti, la divaricazione tra casi positivi e decessi si spiega con l’aumento del numero dei tamponi, che ieri sono stati 99 mila.

Eseguire più tamponi significa trovare più casi asintomatici, che quindi dal punto di vista ospedaliero pesano poco. Eppure, gli epidemiologi guardano preoccupati ad altri numeri. I pazienti ricoverati sono 2.595 e in una settimana sono aumentati del 28%. Tra questi, quelli in rianimazione sono 208 (+19% in sette giorni). Il tasso di occupazione delle terapie intensive medio è del 3% con picchi oltre il 5% in Sardegna.

«L’età mediana dei casi è salita a 41 anni» rispetto ai 30 di due o tre settimane fa, spiega Gianni Rezza, direttore della prevenzione al ministero della Sanità. «Vuol dire che c’è un po’ di trasmissione intra-familiare, cioè l’infezione passa dai più giovani alle persone più anziane. Questo spiega un certo aumento, lento ma graduale, nelle ospedalizzazioni». Mentre nei paesi vicini tornano a scarseggiare i posti letto in terapia intensiva, da noi la pressione sugli ospedali è sotto controllo. Secondo Rezza, «certamente l’Italia rispetto a paesi confinanti ha una situazione migliore e per questo dobbiamo continuare a mantenere comportamenti prudenti».

LE PAROLE DELL’EPIDEMIOLOGO non si basano sui dati del giorno ma sull’analisi settimanale della cabina di regia formata da ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità pubblicata ieri sui dati relativi alla settimana 6-13 settembre. Nel report si parla di «un aumento da sette settimane consecutive» del numero dei nuovi casi. Attenzione: non sono tutti sintomatici. Il 30% è stato rintracciato attraverso operazioni di screening, mentre il 35% dall’attività di contact tracing. Solo il 29% è stato diagnosticato a partire da febbre e tosse.

È questo il sottoinsieme degli attualmente positivi che misura quanto veloce stia correndo il virus. E la circolazione è sostanzialmente stabile, visto che l’indice di trasmissione Rt è a 0,92, cioè appena sotto la soglia di attenzione 1 oltre la quale il contagio diventa esponenziale. In grandissima parte le infezioni avvengono sul territorio nazionale, e meno dell’11% dei casi sono importati dall’estero da turisti, lavoratori transfrontalieri e migranti. È il contagio domestico a spiegare circa i tre quarti dei degli oltre duemila focolai attivi.

I DATI NON INCORPORANO ovviamente l’impatto della riapertura delle scuole. Secondo gli scenari valutati in aprile dal Comitato Tecnico Scientifico, riaprire le scuole avrebbe fatto salire di 0,4-0,5 l’indice di trasmissione. Se davvero ci fosse un aumento del genere, il contagio tornerebbe in una fase esponenziale difficilmente controllabile. «Rispetto ad allora però è cambiato tutto», spiega al manifesto Stefano Merler, che aveva elaborato quelle simulazioni per il Cts allo scopo di programmare l’avvio della fase 2 in sicurezza. «Quegli scenari si riferivano a una situazione che non esiste più. Oggi abbiamo una medicina territoriale più pronta, i protocolli di sicurezza nelle scuole, le mascherine. E poi ragazzi e adolescenti sono già tornati a frequentarsi, fuori dalle scuole». Dunque l’impatto potrebbe essere più basso di quello stimato allora? «Mi aspetto che sia più ridotto» si sbilancia Merler «Tuttavia, parlavamo solo di stime ipotetiche oggi come allora, con notevoli margini di incertezza. Solo i dati ci diranno se abbiamo ragione. E per registrare l’impatto delle scuole nei dati bisognerà aspettare un mese».

DA MONITORARE anche le ricadute della decisione della regione Emilia-Romagna, che con un’ordinanza ha riaperto parzialmente gli eventi sportivi ai tifosi. Mille tifosi ammessi a Parma-Napoli e Sassuolo-Cagliari e oltre tredicimila al Gran Premio di Formula 1 di Imola. Così come l’impatto dei 2 voli giornalieri Roma-Milano riservati a passeggeri muniti di un tampone negativo. L’Alitalia ha precisato ieri che il personale di volo non sarà obbligato ai test anti-Covid in virtù dell’ordinanza della Regione Lazio e dei protocolli internazionali di prevenzione osservati dai dipendenti.