Damasco, attraverso l’agenzia statale Sana, ha confermato le notizie diffuse da siti e agenzie sull’ennesimo raid aereo israeliano che l’altra sera ha fatto morti e feriti e provocato danni materiali. Ma non ha fornito numeri. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani, con sede a Londra e legato all’opposizione, i morti sarebbero stati almeno nove, tra di essi anche alcuni iraniani. L’attacco è avvenuto nella regione di Hama, in particolare nel distretto di Masyaf, contro un «centro di ricerche» già bombardato in passato. La Sana afferma che la contraerea nazionale sarebbe stata in grado di abbattere diversi missili sganciati dai jet israeliani che hanno violato lo spazio aereo libanese oltre a quello siriano. Tel Aviv, forte del silenzio-consenso di Usa e Ue, in passato ha affermato di aver colpito centinaia di volte in Siria allo scopo di impedire il dispiegamento di forze iraniane e il trasferimento di armi sofisticate al movimento sciita libanese Hezbollah.

 

Damasco intanto pare intenzionata ad accorciare il gap aereo con Israele, in modo da impedire nuovi raid contro il suo territorio. L’aviazione siriana ha cominciato l’addestramento dei suoi piloti sui Mig-29 ricevuti da Mosca nei giorni scorsi. Questi aerei, sebbene non siano dell’ultima generazione, sono giudicati dagli analisti in grado di contrastare gli F-16 di Israele. Il loro eventuale impiego comunque non avverrà prima di molti mesi. Resta un mistero il mancato uso sino ad oggi da parte della contraerea siriana delle batterie missilistiche S-300, molto avanzate, sempre di fabbricazione russa. Secondo indiscrezioni giornalistiche circolate in passato, Israele avrebbe avvertito Mosca che se la Siria impiegherà gli S-300, i suoi caccia reagiranno prendendo di mira le postazioni russe in territorio siriano.