La ripresa sarà anche alle porte. Gli industriali saranno anche gasati dal Jobsact. Ma la contrattazione – e dunque i salari dei lavoratori – langue da tempo senza che si intravvedano luci in fondo al tunnel. Con Confindustria e le sue associate che propongono «zero aumenti» a causa della deflazione. In questo quadro è la Uil la prima a tentare di smuovere le acque e a cambiare strategia. Lo fa con il suo neo-segretario generale Carmine Barbagallo che si conferma molto meno sprovveduto di come era stato dipinto.

Ieri il 67enne leader Uil ha lanciato a Cgil e Cisl – a cui ha anticipato la proposta in una lettera di martedì sera a Camusso e Furlan – la proposta di un patto «d’azione» su fisco, previdenza e – soprattutto – modello contrattuale. Scaduto ad aprile 2013 l’accordo – al tempo non firmato dalla Cgil di Epifani – basato sull’Ipca (l’indice armonizzato europeo dei prezzi al consumo che aveva sostituito l’inflazione programmata), Barbagallo propone «un nuovo modello contrattuale unico», uguale per settore pubblico (con «abrograzione della legge Brunetta che ha cancellato contrattazione e relazioni sindacali») e privato, della durata di quattro anni, in cui «per la prima volta non parliamo più di adeguare i salari all’inflazione, visto che siamo in deflazione, ma di legarli all’aumento del Pil».

«Noi vogliamo che il 2015 sia l’anno dei contratti» a partire dal pubblico impiego ma anche nel privato, ha detto Barbagallo, indicando quale obiettivo prioritario il superamento, appunto, del blocco della contrattazione nella Pa (su cui chiede di «aprire subito il tavolo di trattativa») ed il puntuale rinnovo dei contratti nazionali del settore privato.

«Vogliamo scommettere sulla ripresa del Paese» e «vogliamo essere coinvolti con nuove regole di moderne relazioni industriali e sindacali per cercare di favorire questa crescita», ha aggiunto spiegando la proposta in cui il sistema contrattuale continua ad essere articolato su due livelli (il primo livello nazionale ed il secondo livello aziendale o territoriale), «tra loro complementari» e che «deve puntare sull’aumento del Pil, sulla produttività e sul rilancio dei consumi, a cui anche la politica salariale ha il compito di contribuire».

La Uil parla, infatti, di un contratto «a geometria variabile», la cui durata «potrebbe essere prolungata dagli attuali tre ai precedenti quattro anni», proponendo che «l’aumento salariale di ciascun contratto dovrebbe essere rapportato all’aumento del Pil e parametrato per i diversi livelli retributivi» e che «al fine di garantire un’eguale crescita delle retribuzioni nazionali, al termine di ogni ciclo negoziale, l’importo del salario stabilito deve essere consolidato nei minimi contrattuali, a formare la nuova base di partenza per il rinnovo successivo».

Un «Sì» convinto al patto d’azione comune arriva da Susanna Camusso ( «È sempre importante costruire iniziative unitarie, a cominciare dalle pensioni ») che però glissa sul modello contrattuale, mentre il silenzio della Cisl tratteggia ancora divisioni anche per lo «scetticismo» di Barbagallo sulla proposta di Furlan di una legge popolare con patrimoniale per un bonus di 1.000 euro annui.

La proposta arriva proprio nel giorno in cui – dopo lo sciopero del 30 gennaio – si è riavviata la trattativa dei bancari. «Abbiamo rigettato il congelamento degli scatti e del Tfr», spiega il segretario della Fisac Cgil Agostino Megale.