È battaglia, durissima, quella scatenata dal Nuovo Imaie, l’istituto di gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale di circa 360 mila fra artisti, interpreti e esecutori nato sulle ceneri del vechio Imaie nel 2010, sul fronte dei «diritti connessi» dopo la liberalizzazione del settore votata dal Parlamento a inizio 2012. Una polemica acuita ancor più dopo che a fine novembre due delle tre società autorizzate all’esercizio dell’intermediazione e iscritte al registro previsto dal Dipartimento Informazione e Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Itsright e Scf (ovvero il consorzio che raccoglie i diritti per conto dei produttori discografici accantonando il 50% delle somme che spettano agli artisti), avevano sottoscritto un accordo. Accordo che ha mandato in fibrillazione il Nuovo Imaie, spingendolo a intraprendere un’azione giudiziaria chiedendo il blocco immediato dei pagamenti.
Andrea Micciché, presidente del Nuovo Imaie parla di «Settore paralizzato» dove gli artisti «non percepiscono compensi e dove si è sviluppato un chiaro conflitto d’interesse». Con l’entrata in vigore del decreto Monti sulle liberalizzazioni – sempre secondo Miccichè: «È accaduto esattamente quello che temevamo, ovvero che gli utilizzatori ne avrebbero approfittato per non pagare o pagare meno, mettendo in concorrenza al ribasso le collecting, a tutto svantaggio degli artisti e a vantaggio dei debitori che vanno a scegliere il contratto migliore. Ci siamo trovati con utilizzatori che non sapevano a chi pagare i compensi. Mentre il nostro competitor, 7607 – prosegue – ha rinunciato al 40% dei pagamenti e accettato con la Scf, l’associazione dei produttori musicali delle major, una serie di clausole che fanno riscuotere al produttore anche i compensi degli artisti, con chiaro conflitto d’interesse».
L’azione cautelare – la prima udienza è fissata per oggi al tribunale di Roma – è stata preceduta ieri da un’audizione in Commissione cultura al Senato, da una proposta della Nuova Imaie: «Non siamo contrari alla liberalizzazione – sottolinea Miccichè – ma vogliamo un mercato che funzioni. Chiediamo quindi che il compenso per gli artisti venga deciso da un soggetto partecipato da tutte le associazioni di rappresentanza e vigilato da un organismo pubblico». Organismo che crei una banca dati di tutti gli artisti e regoli: «i rapporti contrattuali con i vari utilizzatori e stabilire i criteri per ripartire i compensi».
Di diverso avviso è Enzo Mazza, il presidente del Consorzio Fonografici, secondo il quale: «Con il blocco delle somme dovute agli artisti da parte di Scf si genera il paradosso per i l quale l’ex monopolista del settore, invece di favorire una rapida distribuzione dei denari incassati da radio, tv e pubblici esercizi nel 2012 e nel 2013, bloccherà per anni tali diritti nel tentativo di affossare la concorrenza tra società di collecting. Un’iniziativa che impedirà di fatto agli artisti di ricevere quanto dovuto: una situazione assurda di abuso di posizione dominante».