Passo dopo passo, seguendo il filo d’Arianna dei depositi di denaro e di titoli in banche di mezzo mondo, i magistrati della procura di Siena hanno rintracciato altri 45-50 milioni di euro della cosiddetta “banda del 5%”. Aggiungendo un’altra ipotesi di reato, quella di associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla truffa aggravata, a una già vasta casistica che vede come minimo comun denominatore gli affari, grigi o apertamente illeciti, nell’orbita del Monte dei Paschi all’epoca di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni.

I destinatari delle ultime informazioni di garanzia sono undici. Alcuni sono vecchie conoscenze degli uffici giudiziari, a partire da Gianluca Baldassarri, ex responsabile dell’area finanza della banca, e dal suo vice Alessandro Toccafondi. Poi ci sono l’ex responsabile della filiale londinese di Mps, Matteo Pontone, e l’ex funzionario Antonio Pantalena. Sono inoltre indagati Fabrizio Cerasani, socio fondatore e direttore della Enigma Securities di Londra, oltre che legale rappresentante della società in Italia, e altri tre broker della Enigma: Maurizio Fabris, David Ionni e Luca Borrone. Per questi otto – gli ultimi tre indagati avrebbero avuto un ruolo minore – i pm Nastasi, Natalini e Grosso avevano chiesto al gip la custodia cautelare in carcere. Segnalando puntualmente il pericolo di inquinamento probatorio, attraverso nuove “schermature” dei proventi della truffa, e di una possibile fuga in paesi dove l’estradizione può essere molto complicata.

Alle richieste della pubblica accusa, il giudice Ugo Bellini ha risposto con una ordinanza di 35 pagine. Senza concedere gli arresti, ma ammettendo la concreta possibilità di fuga. Di qui il divieto di espatrio per i principali indagati, che ieri all’alba si sono visti arrivare gli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza nelle case e negli uffici di Milano, Monza, Siena, Ravenna, Roma e, naturalmente, Londra. La valutazione del gip Bellini non è comunque piaciuta alla procura, che già nella giornata odierna presenterà un corposo ricorso al tribunale del riesame di Firenze.

I finanzieri e i pm senesi hanno molti buoni motivi per non essere soddisfatti dei mancati arresti. Fra il gennaio e l’ottobre scorso, avevano sequestrato in varie fasi 47 milioni di euro, depositati in istituti di credito italiani ma anche a Lugano, a Londra e perfino a Vanuatu, isola del Pacifico molto cara ai titolari della Enigma Securities. La società di brokeraggio non sarebbe invece coinvolta negli ulteriori 44-50 milioni rintracciati in questi ultimi mesi (grazie a due rogatorie in Svizzera e a San Marino) in altri paradisi fiscali, fra cui Singapore. Anche questa volta sono partite la rogatorie per ottenere la collaborazione delle autorità locali. Ma occorrerà del tempo per i sequestri. E il fatto di avere in libertà i responsabili della presunta truffa non lascia tranquilli gli investigatori, che ben conoscono le competenze “tecniche” degli indagati.

I nomi dei broker coinvolti nelle indagini erano emersi grazie agli scudi fiscali effettuati fra il 2009 e il 2010, attraverso il Monte dei Paschi. Il denaro era stato poi trasferito su conti correnti e dossier titoli aperti alla Allianz Bank Advisor. Di qui il sospetto degli investigatori, poi confermato dai fatti, di contatti diretti e indiretti fra i broker e i dirigenti Mps coinvolti nell’inchiesta. Che vede come principale parte offesa, per una somma complessiva che arriva quasi a 100 milioni di euro, proprio l’istituto di credito senese.