I sintetizzatori e i suoni plastici dei Thegiornalisti sono lontani nel tempo. Ora – con un salto temporale che lo porta dritto negli ottanta e fin su nei settanta – Tommaso Paradiso alla sua prima prova di solista, sceglie di raccontare la «sua» nuova versione del pop. «Space Cowboy – il titolo dell’album in uscita il 4 marzo per Island/Universal – è un disco in cui volevo far sentire la canzone nella sua essenza più pura, svuotata da arrangiamenti, sintetizzatori. Per realizzarlo mi sono chiesto: cosa piace a me nella musica? E questo è il risultato: ho fatto un album per sentire quello che non sento in giro». Pop all’essenza, melodie ariose: «Amo la musica americana e anche la sua estetica, mi vesto che sembro uscito da una puntata di Yellowstone (ride, ndr). Adoro i western e Sergio Leone, ma sono anche immerso nella tradizione italiana». Sui tempi dell’indie e soprattutto quelli trascorsi con gli ex soci della band glissa: «Cambia soltanto il nome. Adesso il manager e gli avvocati si preoccuperanno, ma io i dischi li facevo così pure prima», dice.

«SPACE COWBOY» – il titolo scritto a mano in copertina: «volevo citare lo stile di molte cover degli ottanta, come Thriller di Michael Jackson» – è stato prodotto insieme a Federico Nardelli – con la sola eccezione del nuovo singolo Tutte le Notti, prodotto da Dorado Inc. Undici pezzi dove non si nega citazioni, anzi sono motivo di vanto: «Volevo che il basso suonasse come nei lavori da solista di John Lennon, con quel reverbero e le pause». Chiude un pezzo sulle note di Goodbye Kiss dei Kasabian e rende omaggio agli Strokes: «Era la musica che ascoltavo». Space Cowboy è nato durante la pandemia e dentro ci sono sentimenti e fragilità messe a nudo. Rivela a cuore aperto l’esperienza attraversata e i pensieri che si sono susseguiti, in un dialogo intimo con l’ascoltore.
«Sono solo un vaccaro – sottolinea – che ama guardare il cielo, sono solo, uno Space Cowboy». Non lo dice apertamente, ma dietro molte sue canzoni – oltre a Vasco Rossi – c’è un convitato di pietra, il fantasma di Lucio Battisti e la sua «finta» leggerezza che ha regalato capolavori mai più espressi dal pop italiano. E poi c’è l’altra passione del cantautore romano: «La mia scrittura si rifà molto al cinema», tanto che dopo l’esordio «solista» si è regalato anche il suo debutto alla regia con il film Sulle nuvole, storia d’amore e musica che vede come protagonisti gli attori Marco Cocci e Barbara Ronchi, in sala il 26, 27 e 28 aprile come evento.

«AMO TUTTO il cinema e ho una passione smodata per il western e Sergio Leone, insieme ai capolavori della commedia di Age e Scarpelli». Amico vero – una delle tracce principali del disco – vede la partecipazione di Franco 126: «Siamo amici, ma essendo entrambi negati dal punto di vista della tecnologia, l’abbiamo composta davanti a un pianoforte, registrandola con uno smartphone. È il racconto del paese nel buio della pandemia». In tempi angosciosi con lo spettro della guerra alle porte: «Mi sembra quasi assurdo essere qui a parlare di un disco», si schernisce, c’è spazio anche per il tour al via dal 25 marzo. Non palazzetti dello sport ma date riposizionate nei teatri per garantire la massima sicurezza in ottemperanza alle norme vigenti anti Covid.