Prosegue il fuoco di sbarramento del presidente Yoweri Museveni nei confronti del ciclone Bobi Wine, in Uganda.
Il celebre cantante afro-reggae, che dal 2017 siede in parlamento e sospinto dal seguito massiccio dei giovani ugandesi sembra determinato a sfidare l’anziano leader alle presidenziali del 2021, ieri è stato nuovamente arrestato a Kampala. Avrebbe dovuto presenziare alla prima di una serie di «consultazioni» pubbliche, come quelle che la legge elettorale ugandese concede agli aspiranti presidenti nei dodici mesi che precedono l’ufficializzazione delle loro candidature, sull’intero territorio nazionale.

Robert Kyagulanyi, vero nome di Bobi Wine, ha comunicato luogo e modalità dell’evento, ma la polizia, forte del potere discrezionale che le viene riconosciuto dalla stessa legge, è intervenuta arrestando il leader dei “berretti rossi” con alcuni membri del suo entourage. E disperdendo i suoi sostenitori con lancio di gas lacrimogeni, idranti e pallottole di gomma. La polizia ha confermato la detenzione «temporanea» di Bobi Wine, che non sarebbe stato autorizzato a tenere l’incontro in un luogo aperto.

Museveni, 75 anni, salito al potere con un golpe nel 1986, accusa il cantante-attivista di incitare alla rivolta violenta i giovani ugandesi utilizzando la sua popolarità di artista. In precedenza Wine ha subito altri arresti e la sua denuncia di abusi e torture da parte delle forze di sicurezza ha avuto risonanza internazionale.