Tredicesima giornata di mobilitazione in tutta la Francia contro la Loi Travail. La legge è passata in Parlamento con l’imposizione del 49.3 (la fiducia), promulgata il 9 agosto e adesso cominciano a venire pubblicati i decreti di applicazione. Ma i sette sindacati che si oppongono, dalla Cgt a Fo, Fsu, Solidaires e le organizzazioni di liceali e studenti (solo la Cfdt la sostiene) sperano ancora di ottenerne l’abrogazione. Il modello è il Cpe nel 2006, il contratto di prima assunzione venne approvato ma poi mai applicato. La mobilitazione ieri non è stata enorme, con alcune eccezioni: in particolare a Belfort, dove c’è l’angoscia per la minaccia di chiusura del sito storico di Alstom (locomotive) e a Nantes, con la forte presenza degli oppositori all’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes. A Nantes e a Montpellier c’è stato qualche incidente. 1200 poliziotti a Parigi, grande dispiegamento di camionette, con perquisizioni preventive per raggiungere il corteo, tra Bastille e République, che non hanno pero’ evitato gli scontri: una dozzina di fermi, alcuni feriti e grande tensione a fine corteo e a République, lacrimogeni contro dei casseurs con il volto coperto, anche una molotov contro un bar. Per Fo, è l’ultima manifestazione contro la legge El Khomri. La Cgt, invece, rassicurata dalla partecipazione, pensa di continuare la battaglia in piazza.

I sindacati hanno pero’ scelto anche un altro angolo di attacco, quello giudiziario. Consiglio costituzionale, Oit (Organizzazione internazionale del lavoro), Corte di giustizia europea, saranno interpellati. Gli elementi della contestazione sono la rottura dell’eguaglianza dei lavoratori, con l’articolo più controverso (ex n.2, diventato n.8 nella versione definitiva), quello dell’”inversione della gerarchia delle norme” (gli accordi a livello di impresa avranno il sopravvento su quelli di categoria) e il rispetto della libertà sindacale, con l’introduzione dei referendum di fabbrica. Il governo risponde che nella legge ci sono anche nuovi diritti, come il “conto personale di attività”, che permette di non perdere i vantaggi accumulati anche in caso di cambio di posto di lavoro e altre garanzie. C’è in corso un’altra offensiva giudiziaria: 66 persone, vittime della violenza della polizia durante le prime 12 manifestazioni, prove alla mano (documenti video, certificati medici, testimonianze), si sono rivolte al Difensore dei diritti, Jacques Toubon, perché un’autorità indipendente faccia un’inchiesta su quello che è successo. Il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, ha ricordato che più di cento poliziotti sono rimasti feriti durante la lunga protesta, durata dal 9 marzo a luglio.

La Loi Travail è diventata il simbolo della spaccatura di quella che un tempo era la sinistra plurale. François Hollande e Manuel Valls sono accusati di “tradimento” e il presidente risponde che è sempre stato cosi’ nella storia quando la sinistra è stata al governo. Per i sindacati contestatori e la sinistra della sinistra, la riforma del lavoro è il simbolo dell’asservimento del governo ai mercati e alla finanza, denunciata da Hollande nella lontana campagna elettorale del 2012 come “nemica”. Oggi, anche se Hollande non è ancora ufficialmente candidato alla propria successione, il presidente comincia a delineare una bozza di programma per evitare che la Francia vada a destra o all’estrema destra: contro una sinistra “alternativa” che vuole “paralizzare lo stato”, propone una democrazia partecipativa e mette in guardia contro il ripiego identitario.

Il governo ha ora sul tavolo l’enorme questione di Alstom, costruttore di locomotive e di treni, che intende chiudere il sito storico di Belfort (480 dipendenti). Governo e direzione di Alstom si sono dati una decina di giorni di tempo per trovare una via d’uscita per la società, dove lo stato è azionista al 20%. La crisi di Alstom, che continua comunque a vincere importanti commesse all’estero, è dovuta alla scelta della Sncf (ferrovie, monopolio pubblico) di altri fornitori, meno cari, per il rinnovo del materiale ferroviario. La crisi di Alstom rivela le difficoltà del modello industriale francese. Ma negli ultimi anni il calo del peso della produzione industriale nel Pil della Francia si è fermato (11,2% nel 2015). Continua invece il calo dell’occupazione: 2,8 milioni di operai nel 2015, 2,9 all’inizio della presidenza Hollande.