Sono mediamente giovani i videasti della sezione Satellite, della 53a Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, giovani e permeati di Grifi al pari (si legge in catalogo) della rassegna che li ospita. Diciotto autori per altrettante opere extra formato dal bassissimo budget che a Pesaro – ma molti arrivano da altri festival compresa la Sic veneziana – trovano ribalta e onore di tavola rotonda dedicata. E questo rassicura, come l’entrata libera a tutte le proiezioni. Non c’è il guest book in giro per le sale ma la piazza in effetti è sempre piena (non solo per Rossellini), e i famosi giovani tornano a farsi vedere.
Incide in questo la presenza della sezione Satellite, appunto, curata da Mauro Santini, Anthony Ettorre, Gianmarco Torri, AnnaMaria Licciardello, l’esistenza di una giuria studenti e la collaborazione con Accademia di Belle Arti di Urbino e Macerata e l’Istituto d’Arte Scuola del Libro di Urbino (ai cui studenti si deve anche sigla e manifesto), gli artisti di Genio Collettivo che gestiscono il progetto del Cubotto, work in progress di montaggio audiovisivo collettivo grazie a un software open source.

 
Questi ragazzi, che siano fruitori o autori del Festival sembrano fare i conti e misurarsi soprattutto coi loro nonni, rispecchiando quello che avviene a tutti i livelli e in tutti gli ambiti in Italia: un Paese con una generazione di mezzo allo sbando, che conta sull’eredità e la pensione di quella che per essere cool si chiama «silver age». Nel Paese paradossale dove l’aggettivo determinato indica una situazione lavorativa precaria, il lascito è quello concreto di chi era maturo nel Sessantotto: il Cattivo Maestro Grifi (l’ottimo corto di Danilo Monte, Cristiano Zuccotti e Antonella Grieco ne raccoglie pensiero e poetica in un montaggio di interviste degli anni Duemila) e le sue macchine, il valore del recupero prima di ogni necessità ecologista, la cultura che oggi piace definire materica, le mani sporche dell’homo faber, il saper fare prima che andasse di moda.

 
Gli autori di Satellite ci sanno fare in effetti, e i loro temi sono spesso anch’essi curiosamente legati a mondi antichi e rurali e antico cinema (addirittura un omaggio a Melies con Piccolo film di un albero) come pure a eventi naturali calamitosi: terremoti (in Atlante 1783 di Maria Giovanna Cicciari), alluvioni (Acqua dolce di Enrico Mazzi, morte per fulmine (Non chiudere gli occhi di Emanuele Marini).

 

IPADAKBLIJBKVFXCEDSBAtlante1783-2

E ancora Alpi in Prelude di Roberto D’Alessandro e Neviaro di Francesca Cogni, tra i più grifagni dei lavori visti. Interessante il Tiresias di Daniele Pezzi , personaggio in tre corpi che come Orlando di Virginia Woolf muta dentro la Storia e ne esce contaminato.

Qualcosa di simile accade al protagonista di Antonio um dois tres di Leonardo Mouramateus, produzione brasiliana e portoghese del 2017, tra i film in concorso in piazza. Qui di nuovo protagonista un giovane figlio e un giovane padre, esponente questi della suddetta generazione di mezzo e fuori fuoco, che non si raccapezza; solo che stavolta non ci sono grandi vecchi salvifici di riferimento (diversamente da quanto accade in altra bella pellicola in gara: Droles d’oiseaux di Elise Girard), a meno che non si voglia considerare tale Dostoevskij, citato e messo in scena dal protagonista sul finale da notte bianca.

Nella mostra degli anniversari (quaranta dalla morte di Rossellini, trenta dall’uscita degli Intoccabili di De Palma, che ha dato il la alle proiezioni in Piazza del Popolo … ) la riflessione sul passato e la comparazione, non sempre clemente, col presente la fa da padrone a Pesaro. I momenti di dirompente novità, si annidano negli interstizi: il dopoFestival musicale, che mescola video e sonorità disparate (su tutti, per ora, la sonorizzazione Madagascat del gruppo Uccelli (Davide Panizza, Niccolà di Gregorio e Gioacchino Turù).

 
Se la lezione sessantottina è celebrata anche con la dedica della proiezione speciale allo spagnolo Ado Arietta (con Belle Dormant) il cinema guarda avanti: lo spiega bene la sezione curata da Adriano Aprà, il Critofilm che raccoglie documentari internazionali sul cinema con l’intento di invogliare i più giovani, ancora loro, a fare critica cinematografica rendendo l’oggetto della loro analisi, il video, un mezzo.