Cominciamo da lontano. Sull’altra sponda dell’atlantico, nella patria del finanzcapitalismo, un candidato dichiaratamente socialista, e non è poco per quel paese, si candida al governo Usa contro le disuguaglianze e sull’onda di Occupy Wall Street. Sulla sponda europea, la sinistra laburista ha conquistato il partito, col sostegno di giovani e del sindacato.

Se scendiamo sulle sponde del Mediterraneo dal Portogallo, alla Grecia passando per la Spagna, contro le politiche di austerità sono nati nuovi soggetti, nuove aggregazioni, nuove alleanze. L’Italia per il momento è stata saltata, ma proprio per questo, a cominciare dall’assemblea di “Cosmopolitica”, non possiamo perdere più tempo.

I movimenti europei hanno un limite oggettivo: sono prigionieri di vincoli e logiche che impediscono loro di svolgere il ruolo che dovrebbero. L’Europa, in questa nuova divisione internazionale del lavoro e nel nuovo scenario geopolitico, non è riuscita a decollare ed a trovare un suo ruolo ed una sua collocazione. Sul piano economico è ormai chiaro a tutti che non si tratta di operare per una ripresa, intendendo così un ritorno al prima, ma per un cambiamento di modello di crescita.

In questo l’Europa per la sua storia economica, sociale, culturale potrebbe ambire a mettersi alla testa di una grande mutazione. Invece non è così. Siamo schiacciati da questa contraddizione, costretti a governate il presente, a farlo senza visione e senza consenso, a farlo guidati non dall’Europa, ma da chi ne tiene le fila, a scegliere tra austerità e populismi.

Eppure nel mondo degli economisti l’era dei grandi padri del monetarismo, del liberismo, della globalizzazione finanziaria è proprio tramontata ed i soli economisti che oggi fanno analisi adeguate e rigorose e hanno idee e proposte da avanzare appartengono tutti ad un’area che non possiamo che definire di sinistra.

E’ il grande paradosso dei tempi moderni. Per restare in Europa i principali protagonisti di questi ultimi anni sono stati Piketty prima ed Antony B. Atkinson adesso col suo “Disuguaglianza”. Ambedue offrono all’Europa un terreno nuovo di analisi e proposte. La chiave comune è il problema delle disuguaglianze, individuate non solo come elemento di ingiustizia sociale, ma come fattore importante della crisi economica e con una particolare attenzione non solo alle disuguaglianze di opportunità, ma anche a quelle di esito ed alla loro riproduzione intergenerazionale.

Tra le ricette comuni anche una profonda revisione delle politiche fiscali in senso progressivo e la tassazione delle ricchezze. Con proposte dettagliate ed argomentate, nel caso di Atkinson, alla ricerca di una quadratura tra spesa sociale ed imposte per finanziarla e con un dettaglio di possibili soluzioni tra le quali un reddito minimo universale di partecipazione (o reddito di cittadinanza attiva).

Non sarebbe male se analisi e proposte diventassero da noi oggetto di dibattito. Assumerle e farne discendere le conseguenti scelte politiche significherebbe avere un’Europa che guarda lontano. Ma qui è la nostra trappola. Quanto sembrano lontane ed impossibili queste proposte rispetto ai temi sui quali siamo inchiodati, con la guerra dei numeri in libertà ad ogni ora del giorno. Eppure da questa trappola dobbiamo uscire e dentro quel poco che nasce dobbiamo stare e dare il nostro contributo.

Tra ciò che si muove oggi possiamo collocare altre due iniziative. La prima, di respiro europeo è quella del Movimento per la democrazia lanciato da Varoufakis. Si tratta di una iniziativa tanto ambiziosa quanto necessaria che si colloca sul terreno giusto, quello sovranazionale, cercando di costruire un filo diretto tra popoli e dimensione europea, scavalcando le organizzazioni a livello nazionale e proponendo un metodo di lavoro fondato sulla costruzione dal basso di proposte e su un processo di sintesi ed aggregazione. La seconda iniziativa, lanciata da Piero Bevilacqua, sul manifesto è più interna e non meno ambiziosa dal momento che chiama le forze della cultura universitaria a dare vita ad una associazione per ricomporre i saperi frantumati dalle politiche neo liberiste. Ma se la prima è lontana nello spazio e vicina nel tempo, la seconda presenta caratteristiche opposte. Ambedue, comunque, costituiscono due occasioni straordinarie, due prossimi terreni di impegno per le persone di sinistra del nostro paese.

Resta da collocare in questo quadro il tentativo avviato al Quirino di procedere alla costruzione in Italia di una nuova forza di sinistra che sfocerà nella “Cosmopolitica” di fine settimana.

Il processo non sta marciando con tutte le forze previste, ma trattandosi di processo in itinere non è un dramma. Esso riprende il cammino con un gruppo promotore che vede personalità ex Pd, Sel, e giovani di Act e Tilt e la presenza della Lista Tsipras. Il metodo di lavoro scelto è molto articolato in tanti laboratori tematici e questa è già una buona partenza. Si tratta adesso di collocare anche questa iniziativa nello scenario tratteggiato e di fare in modo che la parola chiave del tutto sia “comporre”.

Non “ricomporre” perché non dobbiamo rimettere insieme le macerie del terremoto che ha travolto la sinistra italiana.

Comporre un mondo lacerato dalle divisioni del passato e dalle politiche del presente, comporre unità di analisi, di intenti, una nuova comunità di persone libere da appartenenze divisive e entusiaste di costruire nuove, aperte e dinamiche appartenenze e, soprattutto, nuove solidarietà.

Avevo proposto in un precedente articolo un percorso che ruotasse attorno ad una piattaforma digitaleWikisinistra o Wikileft– per ricostruire il nuovo linguaggio della sinistra e per progetti, programmi, opzioni politiche.

Poiché dobbiamo creare sedi di lavoro comune anche con chi oggi non si sente coinvolto nel processo, penso dovremo prevedere che in tutti i territori nascano movimenti di costruzione aperti che, utilizzando sub-piattaforme locali o gruppi social, sviluppino ed arricchiscano quanto uscirà dai laboratori nazionali, coinvolgano altre strutture e soprattutto lavoratori, e soprattutto donne e soprattutto giovani e studenti, che possano produrre iniziative, azione politica, momenti di sintesi territoriali per arrivare al termine del processo di fine anno ad un appuntamento nazionale che speriamo sia la nascita del nuovo soggetto politico della sinistra.

Cosmopolitica” non per perderci negli spazi intersiderali, ma per allontanarci dalla terra quel tanto che serve per guardarla con un po’ di distanza, per vedere quanto piccoli siamo noi, le nostre divisioni, le nostre beghe e per tornarci, quindi, con uno spirito nuovo capace di attrarre invece di respingere come spesso accade oggi. Allora se dimensione europea, rielaborazione del pensiero di sinistra nel tempo della crisi ed azione politica partecipata potessero toccarsi, potremmo dire che anche in Italia qualcosa si muove.