Tutto indica che sarà ancora una volta il partito dell’astensione a dominare le elezioni presidenziali che si svolgeranno oggi in Cile. Nel passaggio di testimone da Michelle Bachelet (2006-2010) a Sebastián Piñera (2010-2014), il quale lo ha poi riconsegnato a Bachelet che, con ogni probabilità, lo cederà nuovamente a Piñera, la disaffezione dell’elettorato cileno non ha fatto che accentuarsi, fino al picco del 65% di astensione alle ultime elezioni municipali.

Di fronte a questa caduta vertiginosa di partecipazione, la classe politica non trova nulla di meglio che proporre il ritorno al voto obbligatorio, continuando a ignorare l’unica soluzione possibile per invertire la tendenza: la convocazione di un’Assemblea Costituente in grado di rispondere alle speranze di un profondo cambiamento democratico con giustizia sociale. Speranze finora sempre frustrate, dal momento che non sono bastati sei mandati presidenziali dalla fine della dittatura a gettare alle ortiche la Costituzione di Pinochet – disegnata su misura degli interessi dell’oligarchia – come pure il suo modello economico, definito il più neoliberista del mondo.

Di certo, in quel processo di transizione avviato – e subito congelato – con il plebiscito del 1988, quando il popolo si oppose a un ulteriore mandato di 8 anni di Pinochet come presidente della Repubblica, il centro-sinistra ha fatto ben poco per differenziarsi dal centro-destra, rinunciando a operare una reale ridistribuzione della ricchezza e continuando, in politica estera, a optare per la convergenza con gli Stati Uniti e, sul piano interno, ad applicare la legge antiterrorismo introdotta dal regime militare, in particolare nei confronti del popolo mapuche che si batte contro l’usurpazione del suo territorio da parte di imprese petrolifere, minerarie e agroalimentari.

Così, il Centro Mapuche de Estudio y Acción ha esortato tutti i popoli originari e i loro alleati a «non continuare a favorire gli interessi dei nemici», individuati non solo nella destra di Chile Vamos, la coalizione che sostiene Piñera, ma anche nella Fuerza de Mayoría di Alejandro Guillier (erede della Nueva Mayoría della presidente Bachelet), entrambe «al servizio del capitale transnazionale». Ma a essere indicato da tutti i sondaggi come sicuro vincitore è proprio il miliardario conservatore Sebastián Piñera, il quale, tuttavia, dovrà probabilmente attendere il ballottaggio del 17 dicembre, dove dovrebbe vedersela precisamente con Guillier.

Al terzo posto è indicata dai sondaggi la giornalista Beatriz Sánchez, candidata del Frente Amplio, un primo – e non privo di ambiguità – tentativo di aggregazione di una parte delle tante forze disperse della sinistra cilena.