Le violenze fisiche inferte da uomini in divisa su Stefano Cucchi sono ormai accertate, manca solo di sapere chi esattamente le ha commesse, dal momento dell’arresto, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, e fino alla morte del 22 ottobre. Ciò che potrebbe ancora essere messo in discussione è che queste violenze «sono la causa prima della sua morte», come attesta invece una nuova indagine medica indipendente dei Medici per i Diritti umani (Medu), presentata ieri nella sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato alla presenza del senatore Luigi Manconi, Ilaria Cucchi, l’avvocato Fabio Anselmo e il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella.

Un punto importante, perché se venisse assunta come vera questa affermazione, il pm Giovanni Musarò – titolare dell’inchiesta bis aperta dal procuratore capo di Roma Pignatone sulla morte del giovane geometra romano, rimasta dopo quasi sei anni esatti ancora senza responsabili – potrebbe decidere di trasformare il reato contestato attualmente ai tre carabinieri finora indagati da «lesioni dolose aggravate» in «omicidio».

Ma c’è di più: lo studio firmato dai medici per i diritti umani, Andrea Barbieri e Massimiliano Aragona, afferma che «in conseguenza dell’aggressione, Cucchi ha sviluppato una grave reazione psicopatologica post-traumatica», evidentemente non curata, che ha portato ad un ulteriore deperimento del corpo già martoriato del 32enne, fino alla morte.

Qualcosa di molto simile a ciò che avviene nelle vittime di tortura, che non a caso secondo la Convenzione Onu – ma non secondo la legge italiana impantanata in parlamento dai diktat delle forze dell’ordine – si delinea come inflizione di sofferenze fisiche o psichiche. «Se ci sarà una legge sulla tortura, mi piacerebbe fosse intitolata a Stefano», ha detto sua sorella, Ilaria Cucchi annunciando per la mattina del prossimo 31 ottobre «una maratona in memoria di Stefano» che si svolgerà nel Parco degli Acquedotti, nei luoghi dove suo fratello venne fermato dai carabinieri ora indagati.

Secondo i medici che hanno firmato l’inchiesta indipendente che «si basa sullo studio e l’analisi della documentazione processuale» e delle perizie più recenti, la reazione post traumatica è stata provocata nel giovane da uno o più pestaggi violenti e «intenzionali, così come riconosciuto dalle Motivazioni della sentenza d’appello».

17pol2 cucchi

Sappiamo oggi che il corpo di Cucchi presentava, «oltre a probabili lesioni minori», «lesioni contusive importanti in regione frontale sinistra e parieto-temporale destra, una frattura in regione sacrale (S4)» e «una concomitante frattura alla terza vertebra lombare (L3)» come sostenuto dai consulenti tecnici delle parti civili. «Nelle ore susseguenti all’episodio (o agli episodi) delle percosse – spiegano i medici – Cucchi inizia a manifestare diversi sintomi e comportamenti provocati dal trauma psichico innescato dalla aggressione subita: sofferenza psicologica intensa e prolungata e marcate reazioni psicofisiologiche».

Dimostra di essere incapace «di ricordare con coerenza l’episodio delle percosse», non vuole parlare dell’evento, mostra una «persistente condotta ritirata ed evitante, una ipervigilanza e sospettosità simil-paranoidea, con diffidenza e paura nei confronti dei rappresentanti dell’autorità, medici compresi; umore deflesso; comportamento irritabile, aggressività verbale e manifestazioni di rabbia; disinteresse nei confronti di se stesso e della propria salute e comportamenti a rischio». Sorgono inoltre «episodi di insonnia» e non riesce più a mangiare, soffre di «nausea e astenia», anche se a tratti chiede cibo o bevande. Sostanzialmente, si chiude in un isolamento interiore che ha un nome medico ben preciso: «”Disturbo correlato a eventi traumatici e stressanti con altra specificazione”, del tipo specifico “Disturbo Acuto da Stress sottosoglia” (DSM-5)», si legge nel rapporto del Medu. E, «senza la messa in atto di interventi terapeutici efficaci», il tutto viene «esacerbato dal dolore fisico e da fattori ri-traumatizzanti quali la detenzione (il reparto protetto del Pertini è dotato di celle come un carcere) e l’isolamento, dal momento che gli viene negata la possibilità di comunicare con persone di fiducia».

Si sviluppa così «la sindrome da inanizione che ha provocato in modo esclusivo o in concausa la morte di Cucchi». Una lenta fine che passa da «un severo squilibrio metabolico-elettrolitico, a un probabile arresto cardiaco aritmico e, infine, alla morte».

Una lettura medica che non ha trovato legittimità nei due processi conclusisi con l’assoluzione di tutti gli imputati: sei medici, tre infermieri e tre poliziotti penitenziari. Ma secondo il Medu, è «possibile ipotizzare che prima dell’udienza di convalida abbia avuto luogo un’ulteriore aggressione fisica, come testimoniato dal teste Samura Yaya», ritenuto dai medici «affidabile» in ragione della «difformità dalle sentenze di primo grado e d’appello». Spiega il legale della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo: «Il processo che si è celebrato è diventato simbolo negativo di tanti problemi culturali del sistema giudiziario. Noi abbiamo tentato di esplorare processualmente il tema del trattamento psichiatrico cui Stefano non fu sottoposto, senza alcun risultato. Penso che adesso questa nuova indagine medica, introdotta nel processo, potrà far capire che esiste un vizio che potrebbe portare ad un annullamento in Cassazione».

«Cucchi nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini non ha ricevuto nessuna visita psichica o psichiatrica», ricorda Manconi che sottolinea: «Quanto affermato nelle due sentenze conferma che le prime 24 ore sono state totalmente omesse dalle indagini. C’è stato un vuoto investigativo».

Oggi che quel vuoto viene colmato dalla seconda indagine della procura, si rende però sempre più evidente l’esigenza di introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura, come ha affermato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone e Cild-Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili. «Un pezzo dell’inchiesta è sottratta alla giustizia – fa notare Gonnella – Non c’è mai violenza fisica sganciata dalla violenza psichica. Siamo, nonostante la sentenza europea dei diritti umani e l’impegno del premier Renzi, senza una risposta in Parlamento. Io spero che questa indagine apra gli occhi e che finalmente si arrivi a una giustizia».

A luglio, infatti, la commissione Giustizia del Senato ha annullato le modifiche apportate alla Camera al testo della legge sulla tortura, peggiorandolo ancora di più e allontanandolo dalla prescrizione delle convenzioni internazionali. Da allora, comunque, l’iter del provvedimento si è fermato e in ogni caso rischia di morire di sfinimento nel rimpallo del testo tra le due camere. Ilaria Cucchi però non perde la speranza: «Stefano – racconta – era apparso in sogno ad un amico e aveva detto che il mio impegno magari non servirà a scoprire la verità sulla sua morte ma servirà sicuramente in futuro per tutti quelli che malauguratamente dovessero trovarsi in quella sua stessa situazione».