La musica e il corpo. La musica e il corpo del musicista. Sì, ma del musicista che scrive pensando al corpo dell’interprete. C’è uno sdoppiamento nella musica contemporanea pensata per il corpo come elemento costitutivo dell’opera. C’è quando il compositore e l’interprete non sono la stessa persona, come accade nel jazz o nella musica improvvisata radicale. Il compositore scrive non per il proprio corpo come corpo sonoro insieme al «corpo» degli strumenti ma pensando ad altri corpi, quelli degli interpreti, degli strumentisti che usano anche il corpo come fonte di suoni. In ogni caso l’ensemble di percussionisti Ars Ludi presenta in una serata del festival Nuova Consonanza una serie di lavori in cui i suoni degli strumenti e i suoni dei corpi degli interpreti hanno la stessa importanza.

CORPO vuol dire voce non «musicale», non articolata secondo i parametri della musica. E vuol dire azioni sceniche in cui il movimento dei corpi produce musica, produce successione di suoni. Teatro musicale, in sostanza. Mauricio Kagel, compositore argentino-tedesco morto dieci anni fa, è stato campione dell’anti-teatro musicale, a dire il vero. Ma per lui anti-teatro voleva dire infrangere le regole del melodramma e del teatro naturalistico per mettere in scena azioni musicali paradossali, provocatorie, sarcastiche, ironiche. Pur sempre teatrali. Come in Dressur (1977) per trio di strumenti a percussione di legno. L’organico, cioè le fonti di suono impiegate, è enorme ma distribuito a gruppi di tre. Fantasioso, indescrivibile. C’è una marimba e poi un’infinità di strumentini e aggeggi, dalle nacchere agli zoccoli, dai cilindri alle pance degli esecutori. Un’officina di suoni cordiale, non sadiana come in Acustica (1968). Musicalmente leggera, persino orecchiabile. Per quanto stranita e «insensata». La marimba suona filastrocche, melodie-canzoni, un «notturno» di quattro note più mefistofelico che romantico. L’andamento è ritmico scandito. Si avverte una certa morbidezza dell’insieme, questo Kagel non ama la violenza sonora.

LO STRUMENTISTA alla marimba – Antonio Caggiano, poi sostituito da Gianluca Ruggeri – si mette le bacchette tra i denti e sembra un guerrigliero selvaggio nella foresta, Ruggeri si aggira minaccioso e perplesso sul palco, Rodolfo Rossi (il terzo dei tre «titolari» della ditta Ars Ludi) fa il giocoliere con certe semisfere di legno molto decorative. Gli incastri sonori sono deliziosi, orchestrati magistralmente, non un momento che non sia ben calcolato secondo partitura. Un Kagel «minore» impegnatissimo nell’intrattenimento.
Marx Lenin Mao Tse-Tung (2016) di Giorgio Battistelli è un mirabile continuum di battiti dei tre percussionisti dentro il quale vengono pronunciati i nomi dei tre grandi rivoluzionari con intonazione affannosa, non tipo slogan anni ’70 ma tipo interrogazione e smitizzazione. Finisce con i tre che si sparano a vicenda con pistole.
L’uccisione dei «padri»? Corporel (1984) di Vinko Globokar è proprio per solo corpo nudo di un percussionista, nell’occasione il bravissimo Rossi. Attore consumato, sempre serissimo come in una pièce di Beckett, si percuote il corpo, digrigna i denti, fa risuonare i pollici, dorme e russa. Magnifica «sonata» o «capriccio» o «divertimento». Miroir di Mauro Cardi è in prima assoluta. Per sei percussionisti e due marimbe. La corporeità qui è nell’avvicendarsi degli interpreti agli strumenti. Melodie, carillon, arpeggi in ostinato. Ma Cardi non accende il proprio talento.