Gli atom-prop di Vienna. I caschi blu del nucleare scesi in campo per innescare la reazione a catena nell’opinione pubblica. Pronti a raccontare ai governi nazionali come ai bambini delle elementari come funziona (bene) la tecnologia che l’Unione europea si appresta a dipingere di verde.

Roba da anni Cinquanta del secolo scorso, se non fosse che ancora oggi «spiegare l’energia nucleare costruendo la fiducia è la chiave del successo del funzionamento e dell’espansione delle centrali atomiche». Lo scrive nero su bianco l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) nel manuale «Stakeholder engagement in nuclear programmes» pubblicato martedì scorso. Una vera e propria guida destinata agli «esperti di comunicazione e senior manager» sull’impegno dei cosiddetti stakeholder (i soggetti interessati) «di particolare interesse per i Paesi newcomer che cercano di avviare un nuovo programma di energia nucleare».

Insomma, propaganda cucita su misura per il club della fissione con tempismo perfetto: scatta esattamente nel pieno del dibattito sulle tecnologie sostenibili per la transizione energetica che ha già spaccato in due l’Europa. Da una parte il verbo atomico di Vienna coniugato fin dal 1957, dall’altra i tre aggettivi declinati dal governo di Berlino che ha deciso di rottamare il nucleare «pericoloso, obsoleto e inutile».

Una battaglia soprattutto mediatica: dall’etichetta che verrà appiccicata sull’atomo dipenderanno i finanziamenti di Bruxelles, cioè i miliardi di contributi pubblici imprescindibili per la lobby pro-Nuke.

Non a caso l’Aiea pubblica le linee-guida della comunicazione embedeed, con particolare attenzione alla conquista del consenso dettagliata nel capitolo che elenca gli strumenti giusti. «Stand nelle mostre, conferenze stampa, workshop, seminari di formazione, presentazioni di progetti a grandi gruppi, incontri pubblici a invito, visite alle strutture, giornate delle porte aperte per le famiglie dei dipendenti o per la comunità locale, incontri in municipio e audizioni pubbliche» sono i tools suggeriti dall’Agenzia dell’Onu,

Fin qui la pubblica opinione. Ma chi si deve davvero convincere della bontà del nucleare sono prima di tutto i governi. A pagina 26 della guida l’Aiea spiega bene chi sono gli interlocutori a cui rivolgersi nei diversi Paesi. «A livello nazionale i ministeri, tra gli altri Energia, Industria, Economia e Ambiente che avranno bisogno di consultarsi per raggiungere il consenso affinché il programma nucleare progredisca». Nodo da sciogliere con l’aiuto di figure-chiave individuate con precisione atomica: «dal lato della domanda, decisori politici, economisti, esperti di nucleare e legali, accademici, pubblico e media; dal lato dell’offerta la consultazione dovrà invece coinvolgere i servizi pubblici e l’industria».

E poiché le centrali vengono materialmente costruite sul terreno di un Comune «i funzionari del governo locale sono il ponte tra il progetto nucleare e la comunità locale che lo ospita. In alcuni Paesi le decisioni sulla politica energetica possono essere prese a livello provinciale». Né più né meno di quanto è accaduto in Italia con la centrale nucleare di Caorso soprannominata – a proposito di comunicazione – «Arturo» con il reattore battezzato «Zoe» (i protagonisti di una celebre serie di fumetti) e sorta – a proposito di decisori locali – con semplice licenza edilizia.

Strategia collaudata valida universalmente; infatti è già stata recepita in Finlandia, lo Stato più nuclearista dell’Ue dopo la Francia.
«La pubblicazione Aiea è un eccellente documento di base che sarà utilizzato nei nostri programmi interni di formazione per i nuovi responsabili della comunicazione e i manager di medio e alto livello» conferma Jaana Isotalo, vicepresidente della «Teollisuuden Voima Oyj», la società nucleare finlandese responsabile della centrale di Olkiluoto che ospita il nuovo reattore Epr. Ma gli stakeholder sono fondamentali soprattutto quando si deve scegliere dove costruire la centrale. «L’esperienza dimostra che il loro coinvolgimento già nelle prime fasi d’indagine del sito aiuta a evitare la percezione che l’impianto nucleare venga imposto dall’alto alla comunità locale».

Per questo motivo serve il dialogo con tutti «comprese le comunità religiose» e le Ong che l’Aiea divide in due categorie diametralmente opposte: «quelle che sostengono il programma nucleare come le aziende ad alta intensità energetica, e le contrarie come associazioni ambientaliste, aziende agricole e turistiche». Tuttavia ancora non basta. Ancora prima servono «le attività per gli insegnanti e i bambini delle scuole per ampliare la loro consapevolezza sulla scienza e la tecnologia nucleare». Perché proprio «le campagne educative nelle scuole rappresentano un potente strumento per diffondere nelle famiglie i messaggi-chiave del programma nucleare».