Il nucleare francese traballa, sia sul fronte della sicurezza che su quello dell’economia. Ieri il presidente dell’Asn, l’authority della sicurezza nucleare, Pierre-Frank Chenet, ha lanciato l’allarme: «La situazione è molto preoccupante». Dodici reattori sono fermi (o stanno per esserlo), per essere sottoposti a controlli. Ci vorrà un mese per le prime conclusioni e un altro per farli ripartire, se passeranno l’esame.

Ciò significa che, con l’arrivo del freddo invernale, la Francia che dipende al 78% dal nucleare per l’energia elettrica, potrebbe essere costretta a importare massicciamente energia per evitare una penuria (in un paese dove il riscaldamento elettrico è molto diffuso). È da mesi che l’allarme sul nucleare fermenta: nella primavera del 2015 sono state scoperte delle anomalie nelle vasche del futuro reattore Epr, in costruzione a Flamanville (reattore di nuove generazione, che dovrebbe sostituire la più vecchia centrale di Francia, Fessenheim, promessa elettorale di Hollande del 2012, che però non è stata ancora chiusa).

Nelle ispezioni a cui sono state sottoposte le 19 centrali francesi con i loro 58 reattori sono venute alle luce «pratiche inaccettabili», che risalgono a decenni scorsi, addirittura agli anni ’70, periodo fasto del nucleare civile francese, alter ego del nucleare militare, in nome dell’indipendenza nazionale. Nel sito del Creuset di Areva sarebbero stati prodotti dei «pezzi» difettosi. Ci vorrebbe un investimento di 100 miliardi di euro per rimodernare il parco nucleare e renderlo sicuro. In altri termini, una missione impossibile, mentre il futuro è nelle energie rinnovabili. Ma i temi dell’energia e dell’ecologia non sono per ora al centro della campagna elettorale per le prossime presidenziali: François Fillon, il vincitore del primo turno delle primarie della destra, è un gran difensore del nucleare (che neppure Alain Juppé rinnega).

Le centrali invecchiano, per legge la vita degli impianti è stata allungata, in Francia come in altri paesi. Ma anche così i costi crescono per garantire la sicurezza. Lo stato è a corto di soldi, ha stanziato una manciata di miliardi per Edf (gestore) e Areva (costruttore storico). Ma Areva è praticamente in fallimento. Ha venduto a Edf l’attività di fabbricazione e di mantenimento dei reattori, per concentrarsi sul ciclo del combustibile (estrazione e arricchimento dell’uranio, riciclaggio del combustibile, trasporto e stoccaggio, smantellamento dei siti).

Il fatturato di Areva è dimezzato e la sua emblematica fondatrice, Anne Lauvergeon, che era stata stretta collaboratrice di François Mitterrand, ha ora problemi con la giustizia. Edf cerca di ritrovare la salute all’export. Un reattore Epr è in costruzione da anni in Finlandia, con una crescita esponenziale dei costi. A settembre, Areva ha ottenuto il via libera dal governo britannico per la costruzione di due centrali nucleari Epr a Hinkley Point. Un Epr è in costruzione in Cina.