Dopo l’apertura alla ripresa del negoziato con l’Iran sul programma nucleare fatta prima del G7, Joe Biden ieri ha raffreddato l’ottimismo di chi già si immaginava l’inizio imminente di una nuova stagione nelle relazioni tra Washington e Tehran fatte a pezzi dall’Amministrazione Trump. Il gelo con cui la mossa Usa è stata accolta dal fronte anti-Iran composto dal governo israeliano e alcuni paesi arabi alleati, lo hanno spinto a frenare. Gli Stati Uniti, ha spiegato il presidente intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, sono pronti a riprendere le trattative sul programma nucleare iraniano insieme agli alleati europei nell’ambito del gruppo 5+1 (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Germania), perché, ha sottolineato, «Dobbiamo affrontare le attività destabilizzanti dell’Iran in Medio Oriente». Non è da sottovalutare peraltro che mentre Biden apre la porta del dialogo, nel Golfo e in Medio oriente la macchina militare americana rimane in stato di allerta. Passare dal dialogo alla guerra è questione di un attimo.

Le rassicurazioni del presidente americano non bastano a Israele, dove l’umore è nero e l’opzione militare è sempre sul tavolo. «Tornare al vecchio accordo spianerà la strada dell’Iran verso un arsenale nucleare…la posizione israeliana in merito all’accordo sul programma nucleare iraniano non è cambiata», ha avvertito il premier Netanyahu che nei passati quattro anni aveva indirizzato la linea del pugno di ferro di Trump nei confronti dell’Iran. Ha trovato una spalla a Londra. Ai microfoni della Bbc, il sottosegretario britannico con delega al Medio Oriente e al Nord Africa, James Cleverly, ha intimato all’Iran di rispettare rigorosamente l’accordo sul suo programma nucleare (Jcpoa). E rivolgendosi indirettamente a Washington ha ammonito l’Occidente dall’inviare «segnali sbagliati». «Non penso che dovremmo inviare il segnale che ignoreremo questa inadempienza o semplicemente la nasconderemo sotto il tappeto», ha affermato Cleverly che – sorvolando sulla responsabilità degli Usa usciti nel 2018 dall’accordo che pure aveva funzionato fino a quel momento – ha aggiunto «È tutto nelle mani dell’Iran, sono loro che violano le condizioni del Jcpoa, sono loro che possono fare qualcosa al riguardo e dovrebbero tornare a rispettarlo».

Diverso e conciliante è invece l’atteggiamento della cancelliera tedesca Angela Merkel che dopo il G7 ha annunciato la volontà di impegnarsi «per portare nuovo slancio nelle trattative…Ho parlato – ha comunicato – con il presidente (iraniano) Rohani al telefono pochi giorni fa. Adesso dobbiamo fare attenzione a che non sorgano problematiche su chi fa il primo passo…Si devono trovare delle strade per far rientrare l’accordo in vigore complessivamente. Ora si tratta di stabilire la sequenza dei passi da fare».

Merkel si aspetta che Tehran non porti a conclusione la decisione del Parlamento iraniano di limitare partire dal 21 febbraio l’accesso agli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) vanificando le ipotetiche opportunità diplomatiche create dalla posizione di Biden. Cosa accadrà è arduo prevederlo. A Tehran non mancano coloro che vorrebbero ricomporre i cocci del Jcpoa. Ma quattro anni di Trump hanno creato delusione, rabbia e dato forza e determinazione all’ala dura che non ha mai creduto alle intenzioni di Usa ed Europa. La guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, è stato netto affermando che è «l’Iran la parte che ha il diritto di dettare condizioni per la prosecuzione del Jcpoa. E noi abbiamo posto questa condizione e dichiarato che nessuno devierà da ciò: e la condizione è che se vogliono che l’Iran ritorni ai suoi obblighi, gli Stati Uniti devono prima revocare interamente le sanzioni e non solo sulla carta, ma nella pratica».

Prima di lui il ministero degli esteri aveva già avvertito che senza la revoca di tutte le sanzioni approvate dall’Amministrazione Trump, l’Iran non tornerà a rispettare gli impegni presi nel 2015. «I gesti vanno bene. Ma per resuscitare il P5+1 gli Stati Uniti devono agire: revocare le sanzioni. E noi risponderemo» ha fatto sapere il portavoce Saeed Khatibzadeh