«Facciamo come la Germania! A Berlino ci hanno messo una settimana a calendarizzare e poi approvare la legge per i matrimoni tra persone dello stesso sesso». Sette giorni e non sette anni, è quanto in effetti è passato da quando Angela Merkel si è espressa a favore della libertà di coscienza ai parlamentari della Cdu. E Sergio Lo Giudice, senatore Pd e presidente onorario di ArciGay, intende provare a fare altrettanto. «Martedì – annuncia – chiederò formalmente che la legge n.15 di cui sono primo firmatario riprenda la discussione in Senato», sospesa ma non accorpata alla legge Cirinnà che ha introdotto le unioni civili.

Secondo lei si potrebbe fare davvero? Tra una settimana, le nozze gay?

Teoricamente sì. I tempi sono maturi anche da noi. Non possiamo aspettare altri vent’anni per eliminare questa discriminazione. La legge n.15 poi è brevissima, solo due articoli: uno per abbattere la discriminazione matrimoniale e l’altro sulla permanenza del cognome, in attesa della riforma che elimini del tutto questo retaggio patriarcale dal codice civile.

Un anno fa Renzi non aveva detto di aver seguito il modello tedesco?

Un modello che non c’è più, è stato spazzato via. Andò così: quando Renzi si presentò alle prime primarie contro Bersani si dise favorevole al modello inglese, unione civile con possibilità di adozione del figlio del partner. Di lì a pochi mesi però Cameron stesso, cioè un governo conservatore, liberalizzò i matrimoni. A quel punto si iniziò a parlare di modello tedesco. Avevamo avvertito che anche quello era in esaurimento, rimaneva in piedi solo perché in Germania negli ultimi quindici anni i socialdemocratici non hanno mai avuto le redini del governo. E come in Inghilterra anche là il modello delle unioni civili si è dimostrato così obsoleto anche per l’elettorato moderato che non c’è stato neanche bisogno di attendere un governo Spd. Mi aspetto che l’Austria, come ha fatto in passato, seguirà l’esempio di Berlino molto presto. E noi dobbiamo rimanere ancorati al vecchio paradigma segregazionista?

A questo punto sarebbe il modello italiano, non trova?

O ungherese, o sloveno. Perché sono questi i Paesi dove sono rimasti in piedi impianti giuridici tanto desueti e discriminatori, che ricordano l’America degli anni Cinquanta, quando per operare una segregazione razziale senza negare l’eguaglianza sancita nella Costituzione si creavano università per i neri, autobus per i neri e così via. Ma anche la più bella università esclusivamente per neri serve solo a rafforzare l’apparato segregazionista. Così le unioni civili da noi, festeggiate come fossero matrimoni, ultilizzate soltanto alle persone omosessuali non sono vera uguaglianza. Solo un passo in vanti. Ne ho appena celebrata una a Messina, di un mio compagno di scuola. Ma sotto il profilo giuridico non c’è una vera parità, soprattutto per quanto riguarda l’adozione dei figli esterni alla coppia.

Si aspetta che Renzi da segretario dia un nuovo impulso alla parità? Monica Cirinnà conta sul prossimo Parlamento.

Riconosco onore e gloria a Renzi per aver dato l’impulso alla accelerazione della riforma, seppure tardiva, delle unioni civili pur governando con il Nuovo centrodestra. Ora in questi sette-otto mesi di fine legislatura si completi l’opera.