I prefetti non possono annullare quello che decidono i sindaci, lo possono fare solo i tribunali. Il Tar del Lazio dà ragione ai vari Marino, Pisapia, Merola e a tutti i primi cittadini che hanno deciso di trascrivere le nozze gay celebrate all’estero.

Accogliendo il ricorso di alcune coppie contro l’annullamento disposto dal Prefetto della trascrizione nel registro dell’Unioni Civili del Comune di Roma della loro unione contratta all’estero, il tribunale amministrativo regionale ha bocciato sonoramente la circolare del ministro dell’Interno Angelino Alfano del 7 ottobre nella quale il titolare del Viminale invitava i prefetti a «rivolgere ai sindaci formale invito al ritiro di tali disposizioni ed alla cancellazione delle conseguenti trascrizioni» procedendo «all’annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati».

Una circolare applicata dai solerti prefetti, primo fra tutti quello di Roma – il discusso Giuseppe Pecoraro – che l’aveva utilizzata il 31 ottobre, cancellando il registro di Marino e le feste delle coppie in Campidoglio del 16 ottobre.
«L’annullamento di trascrizioni di matrimoni di questo genere celebrati all’estero, può essere disposto solo dall’Autorità giudiziaria ordinaria», si legge nella sentenza del Tar. «Il ministero dell’Interno e le prefetture, quindi, non hanno il potere di intervenire direttamente, annullando le trascrizioni».

In realtà i giudici ribadiscono comunque che «allo stato, non è consentito celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e, conseguentemente, matrimoni del genere non sono trascrivibili nei Registri di stato civile».

Una situazione che porta molti a chiedere a gran voce una legge nazionale che metta fine alla battagli di ricorsi andata in scena in questi ultimi mesi. «Tutto questo deve ancora di più essere interpretato come uno stimolo al Parlamento – chiede subito Ignazio Marino – ma lì sono certo che il presidente del Consiglio Renzi, come ha detto in diverse occasioni, provvederà a sollecitare egli stesso un percorso legislativo, che sia accurato, che colmi il vuoto che in Europa esiste soltanto in Grecia e l’Italia», dice convinto – non si sa perché – il sindaco di Roma.

«In passato Alfano e le prefetture hanno sbagliato nel metodo. Ma la decisione se trascrivere o no un matrimonio tra persone dello stesso sesso non può essere lasciata alla magistratura o all’iniziativa di un singolo sindaco. Serve una legge nazionale», afferma perfino Antonio Satta, componente dell’ufficio di Presidenza dell’Anci e segretario dell’Unione Popolare Cristiana (Upc).

La sentenza del Tar è comunque un colpo forte contro Alfano e il modo in cui il governo ha gestito il problema. «Un’altra bocciatura di giudici alle imprese delle “sentinelle della morale” nel nostro Paese. È tempo che prefetto di Roma e ministro Alfano siano rimossi, è tempo che l’Italia abbia una legge civile sui diritti delle persone», scrive su twitter, Nichi Vendola.

Rincara la dose il senatore Pd Sergio Lo Giudice: «La decisione del Tar del Lazio è pioggia sul bagnato per Alfano. Già il procuratore di Roma l’aveva detto pubblicamente e il tribunale di Udine l’aveva scritto in una sentenza – ricorda – : solo un giudice può disporre la cancellazione di un atto anagrafico. Per coltivare le pulsioni anti gay del suo partitino da tre per cento Alfano sta mandando allo sbaraglio i prefetti delle maggiori città italiane facendo compiere atti contrari alla legge. Quanto ancora dovremo aspettare perché il ministro dell’interno smetta la sua crociata contro le coppie dello stesso sesso e si occupi di garantire la sicurezza degli italiani?», si chiede Lo Giudice – il cui matrimonio in Norvegia, trascritto dal sindaco di Bologna era stato cancellato dal prefetto a seguito della circolare Alfano.

Intanto quello che il governo Renzi non vuole accettare qui in Italia pare prometterlo all’Onu. Ci sono, infatti, sia le unioni che i matrimoni gay, nelle raccomandazioni delle Nazioni Unite alle quali il governo italiano ha risposto positivamente. Il documento sarà presentato dall’Italia all’Onu nell’ambito dello Universal Periodic Review. Il nostro Paese accetta di fare passi concreti per adottare «le leggi necessarie a dare seguito all’annuncio del premier Renzi sul riconoscimento delle unioni same-sex» e a «riconoscere legalmente il matrimonio e il la civil partnership tra persone dello stesso sesso». Raccomandazioni rivolte all’Italia dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu nell’ottobre scorso, su sollecitazione di Olanda e Regno Unito.