Siamo entrati nelle prima crisi energetica globale. È tempo di usare meno energia e di premere il pulsante dell’efficienza energetica». A violare il tabù della crescita infinita dei consumi di energia è stato nientemeno che il direttore della Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea), Fatih Birol, annunciando una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini europei dal titolo Playing my part (Faccio la mia parte) con il quadruplice scopo di ridurre le bollette, tagliare la dipendenza dai combustibili russi, dimostrare solidarietà all’Ucraina e supportare l’azione climatica.

PER LA PRIMA VOLTA DALL’INIZIO DEL RIALZO dei prezzi dell’energia, che risale a circa un anno fa – ben prima dello scoppio della guerra – si è enfatizzato il ruolo del risparmio e dell’efficienza. Nove i consigli rivolti ai cittadini, invitati a: 1) abbassare il riscaldamento e alzare la temperatura dell’aria condizionata (unica misura già recepita dal governo Draghi); 2) regolare in modo ottimale la caldaia; 3) lavorare da casa quando possibile per evitare il pendolarismo; 4) usare l’auto con parsimonia (per es, preferire il car-pooling); 5) ridurre la velocità in autostrada (alcuni paesi europei come Germania e Olanda non hanno mai imposto limiti); 6) lasciare a casa l’auto la domenica; 7) camminare, usare la bicicletta per gli spostamenti brevi; 8) usare i mezzi del trasporto pubblico; 9) evitare l’aereo, meglio il treno.

PER FAVORIRE QUESTA SORTA DI AUSTERITY anche i datori di lavoro devono fare la loro parte incoraggiando il telelavoro, per esempio, mentre i governi sono chiamati a fornire incentivi per ridurre le tariffe del trasporto pubblico, sostenere l’installazione di pannelli solari, migliorare l’isolamento degli edifici ecc.

SEGUENDO LE 9 RACCOMANDAZIONI, UN NUCLEO familiare tipico dell’Ue potrebbe risparmiare in media circa 500 euro all’anno. Se lo facessero tutti i cittadini dell’Ue si risparmierebbero 220 milioni di barili di petrolio all’anno (il 13,5% dell’import dalla Russia, che è pari a 1.642 milioni di barili l’anno) e circa 17 miliardi di metri cubi di gas, l’11% dei 155 miliardi di metri cubi importati in Ue dalla Russia. In Italia, limitarsi al controllo della temperatura di riscaldamento e condizionatori, invece, porterebbe ad un taglio di circa il 4% del consumo di gas, ma solo se davvero tutti quanti facessimo diligentemente la nostra parte. «L’efficienza energetica ha il potenziale per essere l’iniziativa politica più importante per ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni russe, sia attraverso il risparmio energetico a breve termine, sia con misure di efficienza energetica a lungo termine – ha affermato Juul Jørgensen, direttore generale per l’Energia della Commissione Europea – L’efficienza energetica è un’area in cui tutti possono fare la differenza. Questo ha anche il potenziale per fornire notevoli risparmi ai singoli consumatori». Peccato che, per quanto l’UE negli ultimi 20 anni si sia data obiettivi di efficienza energetica, questi non sono mai stati obbligatori per gli stati membri. Solo negli ultimi mesi, in fase di riformulazione della direttiva sull’efficienza, si sta discutendo di come renderli obbligatori.

«UNA VERA STRATEGIA PER L’EFFICIENZA non ce l’abbiamo in Italia – dice Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano – Abbiamo normative su singoli target, abbiamo fatto alcune operazioni di stimolo, come è stato il Superbonus, ma un piano organico che dica quanto dobbiamo efficientare, dove e con quali risorse, no, non ce l’abbiamo e sarebbe opportuno averlo. Così come servirebbe riconoscere che è stato un errore aver ridotto l’installazione delle fonti di energia rinnovabile, aver creato lacci e lacciuoli per renderle più complicate».

TRA I MEA CULPA DELLA CLASSE DIRIGENTE c’è anche l’aver scommesso, nell’ultimo decennio, sull’ipotesi che l’energia costasse sempre meno. Lo conferma Chiaroni: «Ricordo che solo tre anni fa in uno dei nostri osservatori sull’energia, c’era chi temeva che in certe ore del giorno i prezzi dell’energia potessero diventare negativi in alcune zone e disincentivanti per la produzione a causa della grande crescita delle rinnovabili e della discesa dei prezzi di gas e petrolio. Una cosa che dobbiamo imparare da questa crisi energetica è che occorre intervenire con misure strutturali e non contingenti».

OPINIONE CONDIVISA DA ARTURO LORENZONI, professore di Economia dell’energia del centro studi Levi Cases dell’Università di Padova, poco favorevole a dare soldi alle imprese per pagare le bollette. «Capisco le necessità di questo periodo difficile, ma se quei soldi li avessimo utilizzati per fare efficienza, la riduzione del costo dell’energia sarebbe stata permanente – spiega Lorenzoni – Sprechi ce ne sono tantissimi e una vera cultura del risparmio non c’è. Sia nei comportamenti individuali, penso al controllo degli pneumatici dell’automobile, che può portare a risparmiare carburante fino al 5%, oppure all’uso delle tecnologie digitali, come i termostati intelligenti, che costano relativamente poco ma che possono contribuire a risparmi sensibili nell’uso del riscaldamento. Per non parlare delle perdite nelle infrastrutture, come nelle reti di distribuzione del gas rilevate dalle analisi satellitari».

SE IL SETTORE INDUSTRIALE E’ L’UNICO ad aver migliorato negli anni la propria efficienza energetica, tuttavia rimangono ancora margini di manovra «soprattutto nella produzione di energia rinnovabile diffusa, i tetti dei capannoni e nei grossi impianti della siderurgia e metallurgia, quelli dove la transizione è più difficile per i quali si sta cercando di inserire lo sviluppo dell’idrogeno – spiega Chiaroni – che in una prima fase potrebbe essere idrogeno blu, che si estrae comunque da idrocarburi fossili, visto che al momento il livello della produzione delle rinnovabili non è tale da consentire di produrre quello verde con l’elettrolisi a partire dall’acqua».

C’E’ MOLTO LAVORO PER GLI ENERGY MANAGER, i «responsabili per la conservazione e l’uso razionale dell’energia», secondo la definizione ministeriale, figure professionali obbligatorie in certe tipologie di aziende che negli ultimi 5 anni hanno visto una crescita importante di ruolo ma solo nelle grandi realtà, mentre nelle piccole e medie imprese e nel settore pubblico «sono un disastro, salvo le eccezioni», ammette Chiaroni, che con la sua struttura ne monitora le funzioni.

SCOPRIAMO COSI’ CHE, PER ESEMPIO, in alcuni ospedali, la voce «energia» nel bilancio non c’è ma viene conteggiata altrove, con il risultato che il direttore generale non ha nessun incentivo a risparmiare sulla bolletta, mentre viene premiato se risparmia sull’acquisto dei farmaci. «Negli ospedali ci sarebbe moltissimo da fare sul fronte dell’efficienza – dice Lorenzoni – Ci è capitato di individuare misure per risparmi importanti ma che necessitavano la chiusura di un reparto per una settimana. Però, siccome un primario fattura sulla base dei ricoveri, rinunciare a una settimana di ricoveri poteva voler dire non centrare l’obiettivo annuale, quindi i lavori non sono stati fatti. Anche nel mio Ateneo vedo questa mancanza di attenzione: dico sempre che si potrebbero operare dei risparmi se solo la bolletta la pagassero i singoli dipartimenti e non l’ufficio centrale. Serve una presa di responsabilità maggiore».

ANCHE L’EDILIZIA RESIDENZIALE NON HA FATTO grandi passi in avanti con l’efficienza energetica, se non per gli ultimissimi interventi legati alle detrazioni fiscali del Superbonus. «La strada è proprio questa – sottolinea Chiaroni – basti pensare che tra un edificio in classe G e uno in classe A la differenza dei consumi è dell’80%. Quindi bisognerebbe stabilizzare misure per l’efficientamento degli edifici dando priorità alle situazioni dove si riscontra povertà energetica. Certo, non è una strada che può dare risultati tangibili a brevissimo termine, ma va perseguita».