Appena apro gli occhi, per allontanare l’ultima immagine del sonno (un incubo: Lula, la mia gattina storica, che annega in piscina: sarà perché ieri sono andata a vedere il remake de La piscina – A Bigger Splash, Luca Guadagnino, in concorso), mi attacco ai suoni circostanti, la realtà che può sconfiggere l’onirico.

Così, di botto, come un tappo di champagne finito nell’occhio durante un addio al celibato, ricordo che stanotte la Casa Affollata si è trasformata in accampamento indiano (mi è stato detto al rientro ieri sera che avremmo ospitato qualcun altro sul tappeto, qualcuno che sarebbe pure rientrato tardi ma che, mi assicurano, è solo per stanotte, non lo sentiremo nemmeno, se ne andrà alla chetichella). La cosa non mi ha arrecato grande gioia: la corsa al bagno sarebbe stata ancora più agguerrita del solito.

Esco dalla camera e una coppia abbracciata sul divano mi saluta con la mano e non è la Ricciolona: di solito quella è la sua postazione. (La sera il Tipo Tranquillo con cui condivido la stanza mi dirà che abbiamo ospitato un’intera band: non ho avuto la fortuna di conoscerli, accidenti). Ma ricordo notti all’arrembaggio anche io, quando ero studentessa laureanda in cinema: nel letto dell’hotel Belvedere con G, amico distributore andato via troppo presto, che mi raccontava di Benicio Del Toro alla festa all’Harry’s bar a Venezia e che avevano scherzato è che era super simpatico; la singola notte da gentile ufficio stampa semi sconosciuta che per istinto materno mi permise di riposare sul letto singolo della sua sontuosa stanza al «Quattro fontane» dove di solito teneva poggiati i vestiti (non chiuso occhio); più di recente (ossia una quindicina di anni fa) quando alla fine di una bella festa, saranno state le tre le quattro di mattina, mi resi conto di essere a San Nicolò, dall’altra parte della lingua di terra che è il lido, solo F mi salvò ospitandomi in camera d’albergo lì vicino pagata dal canale televisivo per cui lavorava…

Notti bianche, notti dolci, notti giovani. Quando incrocio i miei conviventi chiedo subito cosa hanno visto e cosa gli sia piaciuto. Non c’è una volta che sia una che andiamo d’accordo. Mi viene da pensare che ci siano due modi per approcciare un film, l’approccio critico e quello sentimentale. Nel tempo il mio si è modificato passando totalmente dal lato del cuore, mandando a quel paese la testa. Loro ancora ragionano col cervello, so’ ragazzi.

Zona pettegolezzi. Davanti al Lions, sempre ma soprattutto intorno alle sette di sere, sono tutti a far lo struscio, lo spizzo e lo spritz: vogliono essere guardati? Guardiamoli! Vedo una sorta di tafferuglio con uno del servizio d’ordine: l’attore biondo in completo grigio lasciato fuori dal tappeto rosso (lo riconosco: è Matthias Schoenaerts, apparso doppiamente in versione brillantinata in The Danish Girl e in versione manzo sexy in A Bigger Splash).

Passa un bell’uomo, il primo che l’occhio si protrae a guardare più di un istante, classico mio tipo moracciuto, vestito di scuro, piacente nella sua neutralità, seguo la sua mano intrecciata a quella di una donna, panoramico in alto e vedo Anita Caprioli: mi sa che abbiamo gli stessi gusti (ad una festa anni fa, presentati da un’amica comune costumista, parlottò con mio marito per un po’, fino a quando lui le chiese «e tu che fai?»).