Trasformare «la catastrofe in un’occasione». Emmanuel Macron, che lunedì aveva rinunciato all’intervento tv in risposta alla crisi dei gilet gialli, ieri si è rivolto alla nazione dal piccolo schermo invitando i cittadini a riflettere sul vivere assieme, poi «domani tornerà la politica e la sua agitazione». «Ma adesso non è il momento», è l’ora della tregua da cui poi ripartire. Il capo di Stato francese ha utilizzato la metafora dell’incendio di Notre-Dame per parlare indirettamente a un paese agitato dalla protesta, per incitare all’unità nazionale, con riferimento alla storia, di un «popolo di costruttori», che si è sempre rialzato.

In un intervento molto letterario, ha evocato l’unità della Francia nel dramma, dove «ognuno ha dato quello che ha potuto», a cominciare dai pompieri, giovani di 20-25 anni, venuti da tutta la Francia e appartenenti a tutte le classi sociali. Macron ha evocato un paese «vivo e per questo fragile». Un solo impegno concreto: ricostruire Notre-Dame in 5 anni.

Per 48 ore, tutta l’area della cattedrale resta inaccessibile, anche per gli abitanti della rue du Cloître, che corre sul lato nord della cattedrale. I tecnici devono valutare la tenuta delle due torri, che non sono crollate, ma hanno subito gli effetti del calore e c’è rischio di instabilità. C’è «qualche vulnerabilità» nella struttura, ha affermato il ministero degli Interni, anche se «globalmente tiene». Solo per un quarto d’ora, mezzora al massimo, grazie all’intervento tempestivo dei pompieri, è stata evitata una tragedia maggiore, hanno spiegato ieri le autorità. Cinquanta inquirenti stanno analizzando quello che resta, per stabilire con precisione cosa abbia scatenato il fuoco. Il procuratore di Parigi, Rémy Heitz, ha parlato di «distruzione involontaria da incendio», affermando che «nulla indica» che sia stato un atto volontario. Le 5 imprese edili che intervenivano su Notre-Dame collaborano con l’inchiesta. L’incendio dovrebbe essere partito dal soffitto, a causa dei lavori in corso, forse per una saldatura. C’è stato un primo allarme alle 18.20, ma i fedeli che ascoltavano la messa sono tornati in chiesa, poi sono stati fatti uscire per una seconda volta, e definitivamente, al secondo allarme, alle 18.43.

Quello che andato distrutto è la guglia, costruita da Viollet-le-Duc, nell’intervento ottocentesco. Fuso anche il gallo che era collocato alla cima della flèche e che conteneva tre reliquie. Gravissima la perdita della “foresta”, come viene chiamata la travatura che teneva la volta, che è crollata. Era fatta da travi antiche anche di otto secoli, risalenti al 1230-40 per i cento metri della navata e anche anteriori, 1160-70, per altre parti. Queste travi e transetti non erano visibili dal pubblico, ma rappresentavano un patrimonio eccezionale, al punto che la ricostruzione non sarà facile: c’è bisogno di trovare alberi di almeno un centinaio di anni, che non esistono in Francia.

All’interno, non tutto è bruciato. Il “tesoro” di Notre-Dame è stato messo al riparo, con la corona di spine anche un frammento di 24 cm che viene considerato della croce di Cristo. La grossa campana di 13 tonnellate che era stata restaurata di recente si è salvata, la sacrestia non sembra essere stata toccata. Salva anche la tunica di San Luigi (Luigi IX) che risale al 1239. Prima dell’incendio, a causa dei lavori, erano già state ritirate 16 statue dell’epoca di Viollet-le-Duc. C’è stata conferma in giornata che non hanno subito danni i Grandi Maggi, i quadri offerti tradizionalmente dalla corporazione degli orafi tra il 1630 e il 1707 (ci sono anche due opere di Laurent de La Hyre). Portati in salvo anche i quadri prestati di recente a Notre-Dame dalla Polonia. Destino ancora incerto per l’altare, che sembra essere scampato al fuoco assieme alle statue di Luigi XIII e Luigi XIV inginocchiati, oltre al bassorilievo. Molto più incerta la sorte del muro del coro, mentre sembra che i rosoni siano recuperabili, malgrado le informazioni contraddittorie che sono circolate nella giornata. Incerta anche la situazione dell’organo, uno strumento costruito tra il XV e il XVIII secolo, un’opera unica.

«La ricostruiremo» ha detto Emmanuel Macron. Ma c’è già tensione sui modi e sui tempi. Per il momento, non è ancora scoppiata in pieno la polemica su cosa ricostruire, quale Notre-Dame, se rispettare l’aspetto medievale o integrare le modifiche di Viollet-le-Duc. Ma è già divergenza sui tempi. Macron ha parlato di 5 anni. Secondo l’architetto Chemetov ce ne vorranno 10-20. C’è chi evoca il precedente della cattedrale di Reims, distrutta nella prima guerra mondiale e dove i lavori sono durati a lungo. Ma i politici hanno fretta. La sindaca di Parigi Anne Hidalgo vorrebbe che tutto fosse ricostruito per il 2024, quando Parigi ospiterà le Olimpiadi. C’è il progetto di aprire il futuro cantiere al pubblico, per evitare una lunga eclissi di questo monumento emblematico.