Una band fantasma che non c’è più che riappare per una breve finestra di tempo, annunciando il proprio addio, e che poi cambia idea: si resta in giro, con qualche aggiustamento. Una band che non c’è mai stata, che appare solo dalle casse di un enorme sound system, quello della band fantasma, e che invece poi prende vita per davvero, fa progetti, fa uscire un disco, e annuncia entro questo mese le session per quello successivo. Sembra la trama di un libro di Stephen King legata al prediletto mondo del rock americano, e chissà che il signore della paura prima o poi non ci faccia un pensierino. Il nome di base aiuta: Grateful Dead, ovvero «il morto riconoscente». Sciogliamo i misteri uno ad uno, a questo punto.

Perché misteri non sono, ma storie di bella e buona musica che, come dicono i Dead, «Never stopped», non s’è mai fermata e mai si fermerà. La scorsa estate le decine di migliaia di persone accorse a salutare il primo degli show d’addio dei Grateful Dead senza Jerry Garcia, show destinato a rimarcare anche il cinquantennio di vita della formidabile band ebbero una bella sorpresa. Prima dello show, e nelle pause, dalle casse sistemate negli enormi spazi delle arene risuonava un flusso di note di straordinaria bellezza. Del tutto in tema con quanto i Dead «veri» avevano suonato, o stavano per suonare.

Ma nessun pezzo era dei Grateful Dead. Le congetture sono andate avanti per mesi, poi il mistero, tra le affollatissime legioni di «dead heads» s’è chiarito e concretizzato in disco, uscito a fine 2015 per la Rhino. La band fantasma c’era per davvero, e hanno deciso di chiamarsi, assai psichedelicamente, Circles Around the Sun. Il cd, doppio, ha per titolo (appropriato) Interludes for the Dead, e raccoglie tutto quanto ascoltato dagli incuriositi spettatori del tour d’addio. I Circles Around The Sun sono la creatura di Neal Casal, chitarrista dall’eccellente curriculum rock: uno dei fondatori della Chris Robinson Brotherhood, esperienze con Willie Nelson, Jayhawks, Vetiver. Non propio gli ultimi, a ben vedere. La conoscenza con i Grateful Dead inizia da «piccolo fan» negli show degli anni Ottanta e Novanta. Seguiti dagli spalti degli stadi.

Poi un giorno Casal si trova a suonare con la Phil Lesh Band, diramazione importante dei Dead, e a dare una mano nel documentario su Bob Weir, The Other One. Bingo. Un giorno arriva l’invito ufficiale dai Dead: serve musica per gli show d’addio. Lui convoca in studio Adam Mac Dougall, fido tastierista nella Brotherhood, Dan Horne, bassita con Jonathan Wilson, uno che ai Dead deve molto, Mark Levy, batterista dei Congress. A tutti dice: «Cosa vorremmo ascoltare in sottofondo dalle casse aspettando un concerto dei Grateful Dead»? E nascono i «Cerchi attorno al sole».

Due giorni di improvvisazione con i microfoni accesi in studio, e nascono gli «Interludi per il Morto Riconoscente». Dieci lunghi brani di space rock morbido e inventivo che hanno una misterioso profumo di Grateful Dead, senza esserlo mai.