Non c’è nemmeno uno di quei 37 secondi abbondanti che sia stato lasciato solo. Non uno che non sia stato accompagnato da urla e sospiri di un tifoso, di un appassionato di sport, di un passante capitato davanti allo schermo del televisore per caso, al bar dello stabilimento balneare, oppure a casa propria, in compagnia di un familiare. 37 secondi e mezzo: tanto è durata l’apnea della staffetta 4×100 italiana, che partiva dalla certezza di Marcell Jacobs, oro individuale qualche ora prima, e da un buon Filippo Tortu. Ci si preparava a un piazzamento. Ancora una volta, sbagliando.

Con gli Stati Uniti fuori, la gara è stata apertissima. E, forse mai come stavolta, chi gareggiava con lo scudetto tricolore e la maglia azzurra sentiva una speciale elettricità nell’aria. «Tamberi, Jacobs, Stano… vuoi vedere che oggi tocca a me?», devono aver pensato gli staffettisti. E così hanno corso quei 37 secondi con la leggerezza di chi non ha niente da perdere e niente da dimostrare: Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu, Filippo Tortu. Nomi che verranno ricordati a lungo nella storia dell’atletica italiana: Tortu rimonta (sempre in rimonta, l’Italia, una specie di buffo destino sportivo: il rettilineo di Tortu ha fatto pensare all’oro di Pietro Mennea e alla sua rimonta eccezionale di quarantuno anni fa, a Mosca 1980), corre come il vento e prende un centesimo, dicasi uno, al collega britannico. Oro olimpico nella staffetta 4×100 a Tokyo 2020. Gran Bretagna seconda (reminiscenze calcistiche hanno fatto stufare il Daily Mail uscito nell’edizione digitale con un eloquente «Not Italy Again!»), bronzo al Canada.

È L’ESTATE azzurra, si dice. Dovrebbero essere d’accordo anche Gigi Busà, da Avola, oro olimpico nel karate e Antonella Palmisano, prima nella 20km di marcia, il giorno dopo la vittoria di Massimo Stano (entrambi pugliesi).
Busà ha vinto quella che per ora è l’ultima finale olimpica della sua disciplina: il karate verrà escluso dal programma a Parigi 2024. Il 33enne siciliano ha battuto in finale l’azero Aghayev.

Antonella Palmisano ha invece dominato la sua gara e ha distanziato la colombiana Arenas di 25 secondi e la cinese Hong Liu, campionessa uscente e tre volte campionessa del mondo, di 45 secondi.

Le medaglie italiane a Tokyo sono adesso 38. Non erano mai state così tante da quando esistono le olimpiadi moderne. Il massimo lo avevamo raggiunto a Roma nel 1960 (36). Un risultato inatteso che prolunga la scia di trionfi sportivi per la nazionale in questa estate 2021. Peccato per la scherma e per gli sport di squadra: a quest’ora chissà dove saremmo con il medagliere, che già così segna un portentoso settimo posto, davanti alla Germania. Semmai dovessimo finire davanti ai tedeschi sarebbe un’impresa più unica che rara, riuscita l’ultima volta proprio a Roma 1960.

UN PICCOLO inserto dai marginalia: a chi segue con trepidazione lo sport manca oggi più che mai la voce placida, precisa e spiritosa di Gianni Mura, insostituibile voce del giornalismo sportivo. In una edizione dei giochi che ha riscritto record su record, la mediocrità dell’italiano corrente, in tv e sui giornali, ha voluto raccontare le imprese sportive, a cominciare dalla nazionale di calcio a giugno, con una manciata di aggettivi che parte da «storico» e si ferma al primo intertempo attestandosi su «leggendario», con la compagnia di due o tre consimili (epico, incredibile, assurdo). Viva la lingua italiana, viva lo sport.