«L’intero impianto della legge è orientato ad affermare i nuovi paradigmi della cultura urbanistica e cioè consumo di suolo zero, rigenerazione urbana e territoriale, consapevolezza della fragilità e dei rischi, semplificazione. Non è un caso che si preveda l’abrogazione di 11 leggi vigenti»: così descrive l’assessore regionale della Campania, Bruno Discepolo, il disegno di legge in materia di governo del territorio, in discussione in consiglio. Ieri in commissione è iniziato l’esame degli emendamenti, l’intenzione è portare la legge al voto a fine luglio, in una regione che sarebbe dovuta andare alle urne a maggio ma che, causa Covid, ha visto rimandare l’appuntamento a settembre.

Art1, che pure è tra i partiti che appoggiano la rielezione del presidente Vincenzo De Luca, è insorto contro la norma sospettata di favorire nuovo cemento: «L’orientamento a fare approvare, a fine legislatura e in regime di prorogatio, la legge regionale urbanistica è sbagliata e lacera il campo del centrosinistra – hanno scritto ieri in una nota -. A parte i dubbi di costituzionalità (votare una legge di questa portata in regime di prorogatio), sosteniamo intellettuali e urbanisti che si stanno opponendo. Al Pd chiediamo: questa sarebbe la svolta green che si auspica in Campania?».

Contrarissimi i 5S: «Il testo presenta molti punti deboli nel contrasto al consumo di suolo – spiega il consigliere regionale Vincenzo Viglione -. Respingiamo, ad esempio, le ipotesi di premialità volumetriche per incentivare la delocalizzazione di edifici dismessi o in contrasto con le esigenze di sicurezza dei territori. Il piano casa prevede questo punto ma è una misura temporanea, seppure rinnovata di anno in anno. Adesso questo meccanismo viene cristallizzato all’interno del testo». E poi c’è la regolamentazione dell’attività di vigilanza sull’abusivismo edilizio: «Per legge – prosegue – spetta ai comuni, anche perché poi devono dare seguito alle demolizioni, ma la regione la avoca a sé lasciando comunque ai municipi gli abbattimenti. Così si allunga il processo che rischia di allontanare la fase finale».

Intellettuali e urbanisti hanno firmato un appello per bloccare la norma (tra gli altri, Vezio De Lucia, Giulio Pane e Massimo Villone): «Il nuovo disegno di legge – si legge – rende più sbilenca e incoerente la ‘cascata’ degli strumenti di pianificazione. I piani non saranno né più rapidi, né più efficaci. Alla lentezza dei processi di pianificazione si risponde con il ricorso alla deroga, in attesa del piano a venire e in difformità da quello esistente. Di fatto la pianificazione è vanificata per i prossimi decenni. La scelta ricorda l’approccio alla questione giudiziaria ai tempi della legge Cirielli: i processi erano troppo lunghi così si tagliavano i tempi di prescrizione».

Si potrà derogare al piano preesistente, fanno notare i firmatari, perché «soddisfatti delle ampie trasformazioni possibili nella ‘città consolidata’ e nella ‘città di margine’ in nome della rigenerazione urbana e della riedificazione ‘premiata’ degli edifici realizzati negli ultimi 60 anni nelle stesse aree storiche e agricole». Fino all’ammissibilità dei nuovi insediamenti «quando sia dimostrata l’impossibilità di riutilizzo e riorganizzazione degli insediamenti esistenti, la limitazione delle nuove costruzioni imposta nelle sole parti del territorio rurale di alto e medio valore e il loro divieto nelle sole parti di particolare valore».

Alessandro Dal Piaz, esperto in Progettazione urbanistica, svela poi un meccanismo molto insidioso: «La normativa di attuazione del Piano strategico non farà più parte del piano stesso, bensì del Rue – Regolamento urbanistico edilizio che verrà approvato con il Ps ma costituirà strumento autonomo. In caso di variante al Rue, che potrebbe comportare modifiche anche radicali alle destinazioni, agli indici e alle modalità attuative per qualsiasi zona del Ps, la procedura di approvazione definita dal Regolamento esclude tanto le fasi di consultazioni preventive quanto, addirittura, la presentazione di osservazioni da parte della cittadinanza». Il Consiglio regionale, infine, «per approvare il Piano paesaggistico regionale disporrà di 90 giorni, decorsi inutilmente i quali il presidente della giunta provvederà con proprio decreto».