«Ultima chiamata» per l’Spd guidata da Martin Schulz prima del voto federale del 24 settembre, e prova del nove per misurare l’intensità dell’effetto-Merkel tornato a soffiare di nuovo in direzione della cancelliera. Ma anche test di tenuta per Sinistra, Verdi, liberali e i lepenisti di Alternative für Deutschland reduci della clamorosa débacle di una settimana fa.
DA STAMATTINA in Nordreno-Vestfalia, il Land più popoloso della Germania, urne aperte per le «piccole elezioni federali» che valgono ben più del rinnovo del Parlamento locale. Dai tempi di Schröder lo Stato-roccaforte dell’Spd restituisce l’umore politico del Paese e anticipa il trend elettorale meglio e più di qualunque sondaggio. Gli ultimi di Zdf e YouGov profilano l’ennesimo tonfo del partito socialdemocratico fotografando lo storico sorpasso della Cdu (32% a 31) che negli ultimi 50 anni ha governato una volta sola.
BEL PROBLEMA per la governatrice Spd Hannelore Kraft sempre meno certa della poltrona; e autentico incubo per l’aspirante-cancelliere Schulz lanciato verso la terza sconfitta consecutiva dopo Saar e Schleswig-Holstein (e alle prese con l’imbarazzante report dell’Antifrode Ue sulle spese «anomale» del suo staff a Bruxelles).
Ma il voto in Nordreno «scotta» per tutti: tanto Merkel quanto Kraft mettono prudentemente le mani avanti assicurando che «il risultato avrà soltanto valenza locale».
Di certo, come a Saarbrücken e a Kiel, più dei temi nazionali ed europei sarà decisivo il giudizio degli elettori sulla gestione di economia, sicurezza, istruzione, sanità pubblica del Land governato a lungo dall’Spd.
QUI TRA DORTMUND, Acquisgrana, Duisburg, Düsseldorf ed Essen si fattura oltre un quinto del Pil tedesco (e si vanta un reddito del 15% superiore alla media europea): a Colonia e dintorni hanno sede 37 delle 100 aziende leader del made in Germany.
Eppure i 17,5 milioni di residenti continuano a fare i conti con la ricostruzione post-industriale incapace di garantire piena occupazione, come conferma l’ufficio statistica del Land che rileva le zone dove non c’è (più) lavoro. Spicca il desolante panorama delle ex «città dell’acciaio» con punte del 12,8% di disoccupati che oggi sarà il vero terreno di scontro tra la premier Kraft e lo sfidante Cdu Armin Laschet.
Provata dalla campagna elettorale, la prima ministra del Nordreno non ha commesso l’errore del candidato Spd in Schleswig-Holstein («mia moglie è casalinga») pur puntando l’accento sul padre calzolaio e autista di tram e l’esercito di 36 cugini. «Figlia della Ruhr», cattolica convertita alla Riforma, la 55 enne Kraft è tra i politici più navigati del partito: figura-chiave nell’era di Gabriel rimane più che influente nel nuovo corso affidato all’ex presidente dell’Europarlamento. Prima donna a capo del Land e del Bundesrat, ha governato la Renania Settentrionale per 7 anni fra alti e soprattutto bassi.
AI SEGGI PESERANNO il suo Capodanno di Colonia 2015 (appena squadernato dalla commissione di inchiesta parlamentare che accusa la polizia) non meno della fallimentare gestione dell’Antiterrorismo a partire dal caso Amri.
«Non guardo i sondaggi» fa sapere Kraft soprannominata «Regina del Nordreno» mentre elogia «la coalizione a maggioranza variabile che ha ben governato» e rassicura i moderati: «Non faremo alleanze con la Linke». Gli elettori di destra, invece, li ha già conquistati nel 2015 criticando la politica di accoglienza di Merkel che aveva «riempito» di profughi la Renania.
OGGI SI MISURERÀ con Armin Laschet, classe 1961, due figli, sposato con una libraia, presidente della Cdu in Nordreno. Fedele al partito ma allineato alla cancelliera fino a un certo punto, il candidato democristiano è aperto al dialogo tra etnie quanto pronto a chiudere alle unioni civili.
Da ministro della famiglia si è distinto costruendo il «ponte» tra la Cdu e la potente comunità turca. Si oppone alla tassa sugli impianti a carbone e al pedaggio autostradale ed è considerato «nemico» dei diritti dalla locale comunità Lgbt dopo la sua battaglia contro il matrimonio-gay.
FUORI DAL TESTA A TESTA Cdu-Spd stasera le urne certificheranno le performance dei liberali Fdp (stimati tra 10 e 13,5%) Linke (6- 8%) Grünen (6-7) e Afd che oscilla tra il 6,5 e il 9%. Per tutti, indipendentemente dal risultato, da domani l’agenda politica sarà comunque da riscrivere.