Sebbene l’emorragia di consensi dei partiti mainstream sia iniziata in Europa ben prima del 2008, è soprattutto con la crisi che le grandi famiglie politiche continentali, socialisti e popolari, hanno perso la capacità di costituire autonomamente e alternativamente governi. Il Portogallo, pur travolto dall’instabilità del suo debito sovrano, sfugge in grande parte a questo paradigma.

I tre partiti che dal 1976 si sono succeduti vicendevolmente all’esecutivo – Partido Socialista (Ps), Partido Social Democrata (Psd – centro destra) e Centro Democratico e Social Partito Popular (Cds-PP) – sono oggi dati dai sondaggi intorno al 70% e quindi ancora in grado di svolgere il loro ruolo di pivot. Così, nonostante politicamente Portogallo e Spagna abbiano avuto vicissitudini spesso molto simili – va ricordato infatti che il movimento degli indignati è stato massicciamente un fenomeno iberico – la grande differenza è che in Portogallo, oggi, il contesto non sia minimamente comparabile con quello spagnolo.

Ovvero, al momento, non si prevede nessun cambiamento sostanziale dello status quo ante 2008. Cosa spiega la stabilità lusitana? Una riposta univoca chiaramente non c’è, vari sono i fattori esplicativi : in primo luogo va detto che i tre partiti della sinistra a sinistra del Ps riuniscono percentuali considerevoli: Partido Comunista Portugues, Pcp, 10%, Bloco de Esquerda, Be, 4,8% e Livre Tempo de Avançar, 1,8%. La somma dei tre si aggira intorno al 17%. I risultati delle ultime elezioni legislative pre-troika del 2009 vedevano le tre formazioni conquistare circa il 18% dei consensi.

Secondo punto: contrariamente a quanto accaduto in Grecia e Spagna nessun partito della sinistra anti-austeritaria è riuscito a diventare egemonico nel proprio campo. Questo significa che i voti dei tre non possono essere sommati perché a loro volta i programmi non possono essere sintetizzati in un solo progetto. Terzo: le condizioni di partenza di Grecia e Spagna, da un lato, e Portogallo dall’altra, erano molto differenti. I primi due erano reduci da una crescita economica esponenziale, rivelatasi poi poco solida. A Lisbona invece il 2008 non ha fatto che accelerare una stagnazione che aveva fatto capolino fin dai mesi successivi all’Expo del 1998. Questo ha come conseguenza che non c’è stato un trauma paragonabile a quello vissuto da spagnoli e greci.

Quarto aspetto: qualche dato positivo da offrire ai media il governo di centro-destra ce l’ha: crescita del Pil, delle esportazioni e della produzione industriale. Molto poco, ma è quanto basta per potere dire che in fondo il collasso non c’è stato e che se il primo quadriennio è stato all’insegna del consolidamento dei conti il secondo potrà essere all’insegna della crescita.

Quinta e ultima dimensione: la legittimità. Contrariamente a Syriza e Podemos, partiti la cui ascensione è fortemente legata alle mobilitazioni anti-austeritarie, Be, Pcp sono due formazioni che preesistevano alla crisi e che, in qualche modo, sono ritenute in parte responsabili dall’opinione pubblica per avere accelerato, con la bocciatura delle legge finanziaria del primo ministro socialista José Socrates, l’entrata della Troika. Leggermente differente il caso di Livre Tempo de Avançar, perché è un partito di recente formazione, ma la sua classe dirigente è in buona parte formata da persone che già prima del 2008 erano politicamente attivi e perché il Livre ben poco ha a che fare con il ciclo di protesta 2010-2013.