Dopo l’imponente mobilitazione di Verona contro il «congresso delle famiglie» salviniano, per Non una di meno nulla è più come prima. Il patrimonio di credibilità politica e capacità organizzativa, prezioso e raro di questi tempi, va amministrato con cura e sapienza in vista delle nuove sfide. Coscienti di ciò, le attiviste del movimento transfemminista hanno voluto un’assemblea nazionale di riflessione e sguardo verso l’interno, di analisi e confronto su quanto realizzato sino a qui. «Noi siamo il nostro metodo», affermano, e dunque diventa decisivo prendersi il tempo per raccontarsi le sperimentazioni e immaginare nuove forme di auto-organizzazione. Si sono trovate in oltre 500, sabato e domenica, a Torino, animando Palazzo nuovo, sede delle facoltà umanistiche. In grande maggioranza donne, ma anche uomini e persone che non si identificano in uno dei due sessi. Moltissime giovani, notevole presenza di attiviste dal sud, grazie a una cassa-mutua e a una rete di ospitalità diffusa che hanno reso sostenibili le spese del viaggio.

Per Chiara Cerruti, 41 anni, insegnante alle superiori, esponente «storica» del nodo torinese di Nudm, il bilancio è positivo: «L’assemblea è stata bella e intensa, ne siamo uscite molto rafforzate». Differenze di punti di vista ce ne sono, ma non spaventano, anzi, «sono davvero la nostra ricchezza». In tempi di narcisismo delle piccole differenze non è poco. La candidatura di alcune attiviste alle recenti europee è stato argomento di discussione, ma non di divisione, perché c’è un consenso di fondo sul fatto che il movimento sia non-rappresentabile. «Questo non significa – spiega Cerruti – che rifiutiamo relazioni con le istituzioni, né che un’attivista non possa candidarsi: ciò che conta è che nessuna si attribuisca il ruolo di nostra ’rappresentante’». Interessa il confronto/scontro con altre esperienze, non la purezza ideologica: «Siamo circa 100 nodi territoriali, e ognuno ha una propria storia e specificità».

La forza delle femministe è autenticamente politica, quindi ha a che fare con la vita. «Il successo del nostro incontro – racconta Cerruti – ho potuto riscontrarlo in un messaggio che ho ricevuto da una ragazza che è stata all’assemblea: mi ha scritto di essere stata molestata sul bus, ma di avere trovato il coraggio di reagire proprio grazie all’energia introiettata nella due giorni torinese. Ecco, il nostro fare politica ha questo obbiettivo: uscire dalla solitudine, sentirsi forti insieme». È il messaggio di sorellanza nato in Argentina, dove il movimento nacque nella lotta contro la violenza maschile, valicando in fretta i confini. La trans-nazionalità è per le attiviste di Nudm irrinunciabile, l’impegno vuole essere globale «perché è a quel livello che subiamo l’attacco alla nostra libertà». Ad esempio sull’interruzione volontaria di gravidanza: dall’Argentina ancora priva di una legge soddisfacente, agli Usa in cui aumentano gli stati che la stanno rendendo praticamente impossibile, alla Toscana dove il Movimento per la vita vuole entrare nei consultori.

Da sempre Non una di meno incrocia il movimento lgbtq, e a giugno, mese in cui sfilano i pride, diventa ancora più evidente. Più lontano è marzo, ma già ci si pensa. L’anno prossimo l’8 cadrà di domenica, ma per Cerruti non è un problema: «Ci siamo dette che è uno stimolo in più a pensare il nostro sciopero in forme innovative, e a collegarlo con il tema del lavoro e del consumo nei giorni festivi». A proposito di intreccio delle lotte.