La «commedia per musica» Le nozze di Figaro, parole di Lorenzo Da Ponte e musica di Wolfgang Amadeus Mozart, appartiene senza dubbio all’olimpo terreno delle opere-mondo. Nel significato che Franco Moretti attribuisce a questa definizione: opere «epiche, enciclopediche, polifoniche, aperte, coltissime, didascaliche, interminabili», che al pari di «cattedrali» come Moby Dick, L’Anello del Nibelungo, L’uomo senza qualità, Ulisse, Cent’anni di solitudine costituiscono universi autonomi, autosufficienti, irripetibili.

È facile constatare, in effetti, come ognuna delle marche distintive scelte da Moretti si adatti alla perfezione anche all’opera nuova, tratta dalla omonima commedia di Beaumarchais, che il 1° maggio del 1786 attraversa come un ciclone il palcoscenico del Burgtheater di Vienna. Ora però, grazie a uno studio a sua volta «enciclopedico e polifonico» di Lidia Bramani, Le nozze di Figaro Mozart massone e illuminista (Il Saggiatore, pp. 422, € 38,00) si scopre che il primo frutto della complicità intellettuale tra Mozart e Da Ponte non è soltanto un’opera-mondo, ma anche un’opera nel mondo e soprattutto sul mondo.

Non un esito casuale
Bramani dimostra anzitutto, attraverso una mole di documenti incontrovertibili, che Le Nozze non è affatto l’esito miracoloso – come spesso si è sostenuto – dell’incontro «casuale» tra due artisti di genio. È, al contrario, il frutto maturo della lunga avventura intellettuale che Mozart ha intrapreso fin dagli anni di Salisburgo e che lo ha portato a cogliere le pulsazioni più vive e originali del pensiero massone, illuminista e libertario del suo tempo. Si profila dunque l’ipotesi che i profondi ideali massonici di Mozart non si rivelino apertamente – come sostiene la critica corrente – nell’approdo maturo della Zauberflöte, ma che attraversino con maggiore o minore trasparenza molte delle sue opere chiave, comprese quelle che precedono l’affiliazione ufficiale alla massoneria avvenuta nel 1784.

Ma lo studio di Bramani giunge a un esito ancora più originale: svela cioè che Le nozze di Figaro, non si limita a tradurre sub specie teatralis i principi del pensiero illuminista-massonico, ma rivela una vera e propria visione del mondo (o sul mondo) basata su principi apertamente libertari e paritari: l’affermazione, del tutto inedita, del concetto di «giustizia sociale», la rivendicazione di nuovi rapporti «di genere», la prefigurazione di nuove relazioni erotico-amorose basate sul principio di natura e non sul dettato di legge.

È ovvio che di fronte a questa prepotente spinta etica, le convenzioni rigide e stantie della vecchia «opera buffa» (che infatti d’ora in poi non sarà più la stessa) non avrebbero potuto reggere: soprattutto perché vengono piegate a una funzione educativa e pedagogica riservata esclusivamente, fino a quel momento, allo stile elevato dell’opera seria.

Per ricostruire l’itinerario delle Nozze nel mondo Bramani indaga innanzitutto la fittissima rete di relazioni personali che Mozart intrattiene, spesso grazie alla mediazione preziosa di papà Leopold, con gli intellettuali, gli scienziati e gli uomini politici più «radicali» del secondo Settecento. Ma sfoglia anche attentamente, tirandoli giù dagli scaffali, i libri allineati nella biblioteca privata di Wolfgang, dei quali esiste fortunatamente un inventario parziale, ma prezioso, compilato post mortem.

Attraversiamo dunque una galleria di intellettuali maggiori e minori, molti dei quali quasi sconosciuti al lettore italiano: ad esempio il consigliere di stato Josef von Sonnenfels, sostenitore accesso delle riforme sociali ed economiche di Giuseppe II, il poeta protosocialista tedesco Franz Heinrich Ziegenhagen, autore del testo di una delle cantate più apertamente «politiche» di Mozart, la Kleine Teutsche Kantate K 619, e moltissimi altri che qui è impossibile ricordare.

Un radicale del tempo

Per descrivere la visione delle Nozze, e dei suoi autori, sul mondo Bramani si immerge invece nel libretto e nella partitura. Utilizzando però un criterio analitico fuori dal comune: non si limita cioè alla mera descrizione dei procedimenti musicali, né segue la sequenza temporale degli avvenimenti. Ogni numero, al contrario, viene messo strettamente in relazione con i motivi etici, politici, filosofici che l’hanno ispirato. Sgretolando così definitivamente lo stereotipo del Mozart «fanciullo», irriverente, giocoso e puerile e restituendone, al contrario, l’immagine più fedele: quella di uno degli uomini di pensiero più radicali, innovativi e consapevoli del proprio tempo.